LIMPERATORE GIULIANO

DISPREZZATO E DILEGGIATO

DALLA INTOLLERANZA

RELIGIOSA

 

 

Michele E. Puglia

 

 

SOMMARIO: LECATOMBE DEI DISCENDENTI DI COSTANTINO DA PARTE DELLIMPERATORE COSTANZO; GALLO E GIULIANO LIBERATI DALLA PRIGIONIA; GALLO INVITATO A RECARSI DALLIMPERATORE A MILANO CONDOTTO A POLA E ASSASSINATO; GIULIANO DOPO LA SUA LIBERAZIONE SI RECA IN ASIA CENTRO DEL PAGANESIMO; GIULIANO NOMINATO CESARE MANDATO NELLE GALLIE A RESPINGERE LE INVASIONI; GIULIANO ULTIMO IMPERATORE PAGANO; GIULIANO AIUTATO DAI DEMONI E LE ASTIOSE INSINUAZIONI DEI SANTI GREGORIO E CRISOSTOMO; LA PROMESSA DI RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO - LA RELIGIONE DA POLITEISTA DIVENTA MONOTEISTA E MORTE DELLIMPERATORE (In nota: IPAZIA LA FILOSOFA; IL LIBRO IGNORATO DELLO STORICO SUIDA CHE AVEVA DESCRITTO NERONE DIVERSAMENTE DA COME CE STATO TRAMANDATO).

 

 

LECATOMBE DEI

DISCENDENTI DI COSTANTINO

DA PARTE DELLIMPERATORE

COSTANZO

 

 

L

imperatore Costantino aveva avuto una numerosa discendenza di dieci o dodici maschi (*) che, come scrive Gibbon (**), sarebbero stati considerati ai nostri tempi, principi del sangue, ma nellarco di trentanni tra delitti e mortalit si erano ridotti al figlio Costanzo e al nipote Giuliano.

Costantino aveva avuto figli da due donne diverse; da Minervina, sua concubina, aveva avuto Crispo; da Fausta, gli altri tre maschi e tre femmine. Il primo, Costantino II, designato erede e nominato Cesare a diciassette anni, aveva sostenuto il padre nella rivolta delle Gallie, ma era stato mal ripagato dal padre che per gelosia, invece di premiarlo, promuovendolo da Cesare ad Augusto e affidargli le province galliche, lo aveva relegato, quasi come prigioniero, nella Corte, affidando le province galliche al fratello minore Costanzo, il figlio pi amato dal padre.

Nello stesso tempo, Costantino, per sospetto di una congiura (***), aveva emesso un terribile editto, con cui invitava i delatori (gratificati con onori e premi), ad accusare chicchessia, magistrati, intimi e favoriti; e i cortigiani nemici del Cesare, non trovarono di meglio che accusare Crispo per perderlo.

Limperatore si era trasferito (325) da Nicomedia a Roma per festeggiare il ventennale del regno e i nemici di Crispo lo avevano accusato di incesto, con la collaborazione di Fausta che con la sua eliminazione apriva la strada del regno ai propri figli. Crispo fu arrestato durante gli stessi festeggiamenti e senza processo, condannato a morte; inutili le lacrime di Fausta; Crispo fu condotto nei pressi di Pola in Istria, dove fu eseguita la condanna che doveva essere eseguita con la decapitazione, ma pi probabilmente gli era stato propinato il veleno.

Alla morte del Grande Costantino, il Senato di Roma nominava il figlio primogenito Costantino II, Augusto, e gli altri due, Costanzo e Costante, Cesari, che presero possesso delle quote loro assegnate: Costantino II di ventuno anni, aveva avuto le Gallie, la Spagna e la Bretagna; Costanzo di venti aveva avuto lIlliria e lAfrica; Costante di diciassette anni, lAsia, la Siria e lEgitto.

Vi erano anche due cugini, Dalmazio e Annibaliano che furono presto eliminati da Costanzo, come lo fu anche il primo dei fratelli, Costantino II, ucciso in una imboscata. Costanzo aveva mandato i soldati a uccidere Giulio Costanzo, padre dei due fratellastri: Gallo di diciannove anni e Giuliano di quattordici (il quale a sei anni aveva perso la madre Basilina); rinchiusi nella fortezza di Macellum presso Cesarea, dove furono tenuti per sei anni, privati della libert, sebbene fossero stati loro assegnati insegnanti che li istruivano in ogni sorta di materia, compresa la religione cristiana, della corrente ariana seguita da Costanzo.

La fine di Costante, il quale scandalizzava la popolazione per le sue attenzioni nei confronti di giovani schiavi di particolare bellezza, scriveva Gibbon, fu rinviata di circa dieci anni, quando Magnenzio soldato ambizioso che intendeva usurpare il regno, sostenuto dal conte Marcellino e dal generale Vetranione, aveva dato una festa nella capitale del regno a Autun e aveva indossato la porpora e il diadema e le guardie gli avevano prestato giuramento. Costante si trovava nella vicina foresta, dedito ai suoi particolari piaceri quando, giuntagli la notizia dellazione di Magnenzio, si dava alla fuga recandosi a Helena, citt della Spagna ai piedi dei Pirenei, dove per era stato raggiunto e ucciso.

Costanzo era lunico dei fratelli ad essere rimasto vivo, impegnato nella guerra contro i persiani, il quale, avuta notizia del colpo di Stato, partiva, affidando lesercito ai suoi generali e a Gallo, che tratto dalla prigione (a venticinque anni) era stato nominato Cesare.

Quando Costanzo era giunto a Eraclea in Tracia, gli si erano presentati gli ambasciatori di Magnenzio, Marcellino e il generale Vetranione, i quali offrivano la alleanza, da consolidare con il matrimonio di Costanzo con la figlia di Magnenzio e di Magnenzio con la principessa Costantina, figlia di Costantino Magno.

Costanzo aveva preso un giorno di tempo per la risposta e il giorno seguente raccontava che gli era apparsa lombra del grande Costantino che abbracciava il corpo del fratello assassinato, minacciandomi della vendetta e vietandomi di disperdere il regno e assicurandomi il successo, e una gloria immortale avrebbe coronato la giustizia delle mie armi.

Respinta lalleanza con Magnenzio, Costanzo proponeva lalleava a Vetranione che comandava ventimila soldati, riconoscendolo co-imperatore, offrendogli la porpora e il diadema, a condizione che ripudiasse lalleanza con Magnenzio. Ci fatto e riuniti iu due eserciti, lo scontro con Magnenzio ebbe luogo (351) presso le citt di Mursa e Essek (poi nota per un ponte di barche lungo cinque miglia sulla Drava).

Le perdite erano state di cinquantaquattromila morti da parte di Magnenzio, ma quelle del vincitore erano state maggiori; la vittoria di Costanzo era dovuta ai corazzieri della sua cavalleria, descritti come massicce statue di acciaio, lucenti nelle loro squamose armature, nellatto di rompere con le pesanti lance il saldo schieramento delle legioni galliche. Dopo la vittoria, Vetramione che aveva rinunciato al diadema e alla porpora, si ritirava a Prusa, dove finiva i suoi giorni, mentre Magnenzio terminava la sua vita nella citt di Lione.

 

 

 

 

*) Limperatore Costantino il Grande aveva avuto figli da due donne diverse; da Minervina, concubina, aveva avuto Crispo; da Fausta aveva avuto Costantino, Costanzo e Costante e tre figlie. Gli storici per salvare la sua figura di cristiano avevano discusso sulla regolarit matrimoniale della prima, Minervina, indicata come concubina dal primo storico che ne aveva parlato, Zosimo (vissuto ai primi dellanno 500); ma Ducange per salvare la cristianit di Costantino, aveva accusato genericamente, Zosimo, di parzialit. Gibbon non aveva voluto contraddire il Ducange (Charles du Fresne du Cange - 1610-1688 - autore della Storia di Costantinopoli sotto i re francesi), scrivendo: che aveva combattuto per lonore di Minervina, sostenendo (ad libitum), che fosse sposata; ma prima di Zosimo lo aveva scritto anche Aurelius Victor (le date di nascita e morte non si conoscono o sono arbitrarie: era vissuto pi o meno in periodo giulianeo o poco dopo).

E da dire che Ducange era uscito dalle scuole dei gesuiti e certamente voleva presentare Costantino come stinco di santo, ma tale non era stato; tra le altre iniquit, aveva fatto uccidere senza processarlo, il proprio figlio, come raccontiamo, e a dire di R. Tourlet (cristiano), durante il suo regno erano stati commessi atroci delitti ... Che dire? E cos che stata manipolata la storia!

Costantino il Grande aveva avuto inoltre tre fratelli non ambiziosi, che erano: Giulio Costanzo detto il Patrizio, padre di Gallo e Giuliano, e Dalmazio e Annibaliano e tre sorelle sposate con patrizi: Anastasia, Eutropia e Costanza che aveva sposato Licinio jr, nominato Cesare, il quale scomparve in circostanze misteriose (durante le uccisioni operate da Costanzo). Costantino prima di morire aveva diviso limpero fra i tre figli e due nipoti, Annibaliano, re del Ponto e della Cappadocia e Dalmazio con lo stesso titolo la Tracia, la Macedonia e la Grecia; costoro saranno uccisi e le loro quote assorbite da Costanzo.

Con i nomi di Costanza o Costantina si fa riferimento alla stessa principessa figlia di Costantino Magno.

**) In Decadence et chute de lempire roman, Paris 1812.

***) Si tenga presente che limperatore Costantino il Grande, tanto esaltato (come la stessa madre Elena, concubina del padre Costanzo Cloro!), fino al livello miracolistico (con la famosa frase apparsa nel cielo e vista dal solo imperatore!) da parte dei cristiani per la sua interessata conversione, era stato un imperatore ingiusto e crudele; (cos qualificato da uno storico cristiano obiettivo, R. Tourlet, che aveva curato la traduzione delle opere di Giuliano in tre volumi, Parigi, 1821).

 

 

 

GALLO E GIULIANO

LIBERATI

DALLA PRIGIONIA

PRENDONO STRADE

DIVERSE

 

 

L

a prigione di Gallo e Giuliano era costituita da un grandioso edificio. antico castello dei re della Cappadocia, posto in posizione amena, con ampio recinto; essi seguivano gli studi e facevano i loro esercizi sotto la guida di esperti maestri cristiani , assegnati da Costanzo con una numerosa corte degna della loro nascita, ma destinata a sorvegliare i due principi.

Gallo era figlio di Galla, sorella di Rufino e di Cereale, ed era fratellastro di Giuliano nato da madre diversa, Basilina; ambedue, come abbiamo visto, erano stati tenuti prigionieri da Costanzo.

Ammiano, di Gallo ne fa una piacevole descrizione: di ragguardevole belt nellaspetto, per la conveniente struttura del corpo e la giusta armonia delle membra; aveva biondi e morbidi i capelli, la barba quantunque gli spuntasse come tenera lanugine, era tale per che gli dava una precoce autorit; tanto diverso dai temperati costumi del fratello Giuliano; sollevato poi a nobilissima altezza di fortuna, fece esperienza della sua mobilit che si fa gioco degli uomini, ora sospingendoli alle stelle, ora cacciandoli in fondo a Cocito.

Gallo come abbiamo visto, aveva avuto la fortuna di avere in assegnazione la parte Orientale dellimpero con la nomina di Cesare e aveva sposato la zia, principesssa Costantina, gi moglie del defunto nipote Annibaliano e, questa provincia Orientale era costituita dal Ponto, dalla Cappadocia e dallArmenia e divisa in cinque prefetture con capitale Antiochia, celebre citt della Siria, dove Gallo aveva stabilito la propria residenza.

Gallo, uscito dalla prigionia e messo a governare, non ne aveva le capacit, per di pi la moglie Costantina era una furia infernale tormentata da una insaziabile sete di sangue umano e invece di spingere il marito a miti consigli, ne infiammava le passioni. La crudelt di Gallo si manifestava con violente repressioni popolari e militari; la citt di Antiochia pullulava di delatori e di spie e lo stesso Gallo si compiaceva di mischiarsi al popolo. travestendosi da plebeo, per sapere cosa il popolo pensasse di lui.

In proposito Ammiano cita il caso particolare di un certo Mercurio, poi chiamato conte dei sogni che a guisa di un cane che morda in segreto, tutto umile per interiore malignit, si introduceva nei banchetti e nelle adunanze numerose e se udiva qualcuno raccontare cose vedute in sogno, egli le riferiva allimperatore, riferendole con veleno al peggio, e luomo era accusato della grave accusa; essendosi sparsa la voce di ci, si fin con levitare di raccontare i propri sogni e agli stranieri non si confessava neppure di aver dormito; e alcuni dotti si dolevano di non essere vissuti tra gli atlantidi, dei quali si raccontava che non sognassero!

In Siria vi erano state delle sommosse a causa dei prezzi alti dei viveri e vi erano stati alcuni morti e degli arresti e Gallo aveva mandato il governatore Teofilo il quale invece di calmare la popolazione, aveva detto altezzosamente che avrebbe fatto avere il grano quando voleva lui facendo aumentare ulteriormente il prezzo.

Il popolo non dimenticava e in occasione dei giochi al circo quando si era presentato Teofilo, quattro o cinque popolani lo assalirono pestandolo di colpi e lo trascinarono per la citt e fecero lo stesso con Eubulo e suo figlio, primi cittadini della citt, bruciando la loro casa. Costanzo aveva mandato Stratego per punire queste sedizioni, cosa che Stratego fece con moderazione; nello stesso tempo Costanzo scriveva a Gallo lettere piene di tenerezza, ma con vari pretesti gli ritirava le truppe che Gallo aveva a disposizione e aveva inoltre mandato ad Antiochia il prefetto Domiziano, con lincarico di dire a Gallo che limperatore lo invitava a recarsi in Italia.

Domiziano giunto ad Antiochia, inviava a Costanzo relazioni di cose che sarebbe stato meglio fossero taciute e invitava Gallo in maniera piuttosto brusca, a recarsi da Costanzo in Italia (Costanzo aveva fissato la sua sede a Milano), dicendogli: Vanne come ti comandato e sappi che se vorrai differire, ordiner che ti siano tolte le tue vettovaglie e quelle della tua corte e ci detto se ne andava via.

Gallo pieno di collera mandava i suoi soldati e prelevare Domiziano e il questore Monzio che, legati con corde, furono trascinati per la citt e i loro resti furono gettati nel fiume.

 

 

GALLO INVITATO A

RECARSI DALLIMPERATORE

A MILANO CONDOTTO A

POLA E ASSASSINATO

 

 

 

L

e crudelt di Gallo erano troppo criminali per essere scusate; non vi da meravigliarsi, scrive Tillemont (*), che Costanzo, cugino germano di Gallo, che gli aveva fatto sposare la sorella, si fosse deciso, con gli intrighi del suo ciambellano, leunuco Eusebio, non solo a togliergli il diadema e la porpora e il titolo di Cesare, ma la stessa vita; la difficolt era quella di evitare che Gallo non fosse portato a unaperta rivolta.

Costanzo gli aveva scritto una lettera piena di amicizia con la quale lo pregava di andarlo a trovare, per deliberare su affari pressanti; ma prima di spedire la lettera Costanzo aveva mandato a chiamare Ursicino, generale della cavalleria dOriente a recarsi a Milano, per prendere decisioni contro la Persia che aveva minacciato unirruzione; era un pretesto per ritirare da Gallo le truppe dOriente ed evitare una sua rivolta.

Costanzo, dopo che Ursicino vi si era recato con Ammiano (lo storico da noi citato), aveva spedito la lettera a Gallo e nello stesso tempo aveva scritto alla sorella Costantina, di avere un gran desiderio di vederla. Costantina nella speranza di commuovere suo fratello, per ottenere la grazia, per suo marito, si mise in viaggio, ma giunta in Bitinia, moriva in un luogo chiamato Canos, allingresso della provincia (354), lasciando una figlia di cui non si hanno notizie; il suo corpo fu portato a Roma e sepolto nella chiesa di SantAgnese, che lei aveva fatto costruire.

Gallo con la morte della moglie, perdeva ogni speranza di poter ottenere la grazia da Costanzo, da essere spinto a sognare di usurparne la potenza; ma si rendeva conto di non avere i mezzi per realizzarla, sapendo che il mondo conosceva la sua crudelt e temeva la sua leggerezza. Costanzo dal suo canto, non cessava di pressarlo con lettere, inviandogli messaggeri e sollecitandolo a venire in Italia; alla fine un ufficiale di nome Scudilone persuadeva Gallo a sperare nella clemenza e nellamicizia di Costanzo. Gallo partiva recandosi a Costantinopoli dove aveva trovato da divertirsi al circo, mentre Costanzo faceva ritirare le truppe acquartierate sul suo passaggio, inviandogli diversi ufficiali che, col pretesto di accompagnarlo per onore, avevano lordine di sorvegliarlo.

Ripreso il viaggio, Gallo fece tappa alla Corte di Adrianopoli; ma quando giunse a Pettau, nella Norica, il conte Barbazione giunto con truppe da Milano e recatosi la sera nel palazzo in cui si trovava Gallo, lo priv delle insegne imperiali, portate a Milano, come spoglie di un principe nemico, da un certo Apodemo.

Barbazione fece ogni sorta di giuramento a Gallo, a nome di Costanzo, che non gli sarebbe stato fatto alcun male e fu portato alla citt di Fianone sulla costa Dalmata e dellIstria o isola delle vicinanze, dove perdeva la vita (354) allet di ventinove anni e aver regnato quattro anni; questo luogo era in prossimit di Pola dove anche Crispo, figlio di Costantino, aveva perso la vita.

Morto Gallo, si perseguitarono i suoi amici e ministri, in tempi diversi, ad opera del terribile e dispotico eunuco Eusebio, ciambellano di Costanzo, che aveva al suo fianco, il crudele Arbora: perdeva la vita anche Domizio Corbulone, fidato difensore delle province (354); Lusco fu bruciato vivo; leunuco Gorgone, gran ciambellano di Gallo fu salvato dagli altri eunuchi; Barbazione prima ricompensato con la carica di generale della fanteria e poi accusato di aspirare allimpero, fu decapitato con Scudilone (359).

Per il generale Ursicino, il quale si era distinto nella battaglia di Mursa ed era il terrore dei franchi, ingiustamente accusato dei crimini di Gallo; Costanzo in una riunione segreta, aveva suggerito di togliergli la vita, ma allultimo momento lesecuzione era stata differita.

Lanno seguente (355) Ursicino era stato mandato (con dei gregari che lo dovevano trucidare), contro Silvano, generale della fanteria, il quale combatteva la corruzione ed era stato vittima di una congiura di cortigiani che avevano suggerito a Costanzo di pagare i soldati per farsi proclamare imperatore. Ursicino stava per prendere Silvano, ricoverato in una cameretta mentre si stava recando a una riunione di cristiani, ma fu colpito dalle spade dei gregari che lo accompagnavano; mentre Silvano sar ucciso lanno seguente, nella citt di Agrippina (Colonia).

Della schiatta di Costantino non rimanevano che Costanzo e Giuliano sul quale pendeva la spada di Costanzo; infatti i sospetti che avevano causato la eliminazione di tutti coloro che erano stati vicini a Gallo, avevano colpito anche Giuliano, che leunuco Eusebio voleva morto; Giuliano, quando Gallo era andato a Costantinopoli, si era recato a visitarlo e per questo motivo stava per essere ucciso; era stato salvato per intercessione di Eusebia, ma era stato tenuto prigioniero per sette mesi e poi lasciato libero di tornare in Grecia.

 

 

*) Tillemont, Histoire des empereurs, Paris 1738.

 

 

 

GIULIANO DOPO LA

SUA LIBERAZIONE

SI RECA IN ASIA

CENTRO DEL PAGANESIMO

 

 

 

G

iuliano, alla sua liberazione, otteneva la restituzione dei patrimonio paterno; aveva avuto la protezione dellimperatrice Eusebia (che morir nel 359), macedone in quanto originaria della Tessalonica, di grande bellezza; per lascendente che aveva su Costanzo, favoriva Giuliano, col quale aveva comunanza di idee in quanto Giuliano, fin da ragazzo, aveva mostrato una vera passione per la lingua greca (che si parlava a Corte) e per i suoi costumi, la cultura e la religione, combattuta e disprezzata dai cristiani e ad Atene, dovera ancora viva la celebre Scuola legata a quella altrettanto celebre di Alessandria, ccntro del pensiero pagano dellOccidente, chiusa dallinsania religiosa di Giustiniano (529), e dove convergevano i suoi sogni.

Alla morte di Gallo, Giuliano aveva corso gran pericolo, in quanto i cortigiani lo avevano accusato, prima, di aver lasciato il castello di Marcello e poi, di aver visitato il fratello a Costantinopoli; ma Giuliano aveva mostrato di non aver fatto luna e laltra cosa senza lordine di Costanzo, appoggiato da Eusebia; e dopo essere stato a Milano, otteneva il permesso di recarsi in Asia, con la espressa proibizione di frequentare il sofista Libanio, perch pagano, col quale per intratteneva corrispondenza epistolare.

LAsia per Giuliano era stata scuola di paganesimo; si insegnava e praticava lastrologia, gli oroscopi, la divinazione per ottenere presagi e la magia. Egli si era recato a Pergamo a trovare il sofista Edesio, il pi famoso di quanti professavano la filosofia di Plotino e di Porfirio; ma Edesio era vecchio e gli suggeriva di andare dai suoi allievi Eusebio e Crisanto, che gli avrebbero trasmesso la sapienza e le scienze, e si trovavano in Grecia, dove si recava Giuliano.

Crisanto aveva le stesse predisposizioni di Massimo (pontefice di Eleusi dovera il tempio di Ecate, dea della Maga), versato per la magia, mentre Eusebio era dotato per la dialettica e i ragionamenti e trattava tutto il resto con limmaginazione e limpostura. Anche Eusebio gli aveva detto di Massimo, che era dottissimo dotato di grande spirito dalla natura, ma abusa del suo talento, disprezza le dimostrazioni e si attiene alle pazzie.

E gli raccontava che Massimo li aveva portati al Tempio di Ecate e dopo averli fatti sedere e arso lincenso purificatore, aveva mormorato sottovoce un inno, parve allora che la statua della dea sorridesse; noi mostrammo somma meraviglia, ed egli disse di non far rumore, che le torce tenute in mano dalla dea si sarebbero accese, e subito esse si accesero; ci ritirammo pieni di meraviglia per questi prodigi.

Ad Atene Giuliano aveva conosciuto studiosi e filosofi tra i quali Basilio e Gregorio di Nazianzo; Basilio era pi avanti negli anni, aveva la gravit di un vegliardo; conosceva la grammatica che era la base del ben parlare della lingua greca e conosceva la storia e la poesia, la filosofia sia pratica che speculativa; possedeva la logica in tal maniera che era difficile superarlo nelle sue argomentazioni. Aveva studiato lastronomia, la geometria, laritmetica in maniera da non trovarsi in imbarazzo con coloro che se ne piccavano, rigettando il resto come superfluo. I suoi frequenti malesseri lo obbligarono ad approfondire la medicina; fu cos che Basilio aveva studiato le scienze profane, senza tralasciare le sante lettere che aveva studiato dallinfanzia.

Gregorio (poi vescovo di Costantinopoli 379-381), il feroce nemico che lo aveva preso in odio dal primo momento in cui lo aveva conosciuto, stimmatizandolo in base ai suoi caratteri somatici, aveva scritto: Questo mostro che limpero nutre dal suo seno! Piaccia al Cielo che io sia falso profeta e nella sua descrizione si soffermava, come vedremo sulle spalle larghe che alzava spesso, come la testa; i piedi non teneva fermi, n camminava con franchezza; gli occhi eran vivi ma sconvolti e divagati; guardava furiosamente e aveva naso disdegnoso e insolente, la bocca grande, il labbro inferiore pendente; la barba ispida e in punta; faceva cenni con la testa senza proposito, rideva fuor di misura.

Mentre Ammiano parlava dei suoi capelli morbidi come se li avesse di continuo pettinati; irsuta la barba, appuntita allestremit, gli occhi belli e splendenti, attestavano che il suo spirito era angustiato dal corpo, bei sopracigli, naso profilatissimo, bocca grande anzi-che-no; il labbro inferiore cadente; collo largo e poco incurvato; gli omeri ampi e gagliardi; dal capo alle unghie dei piedi, ben conformato, donde poi nella forza e nel corso valeva moltissimo.

E evidente Gregorio nella sua impietosa descrizione non avesse considerato che Giuliano fin dalla sua fanciullezza, dallet di sei anni, era stato sottoposto a sofferenze che di norma ai bambini vengono risparmiate; Giuliano non solo aveva perso la madre, ma aveva assistito alla eliminazione dei suoi familiari operata dallo zio Costanzo, ci che avrebbe dovuto suggerire una certa dose di carit cristiana, che Gregorio aveva mostrato di non avere; e si era accanito con i suoi scritti (*) e lo aveva marchiato con il termine di apostata-traditore (**), e, come aveva notato il cristiano Turlet, non gli aveva reso giustizia nei suoi scritti, e tutto prova, che la prevenzione non gli faceva vedere che l'apostata e non il principe giusto, aperto, dotato di rare qualit che i contemporanei, anche cristiani e la posterit non gli hanno potuto rifiutare.

Il tocco finale Gregorio lo aveva dato sulla frequentazione delle prostitute di cui aveva accusato Giuliano, che per il carattere e personalit erano al di fuori ogni possibile dubbio, mentre Gregorio aveva coinvolto lautorit di Ammiano, che ne era completamente estraneo.

Infatti scriveva che per quanto riguarda le donne con le quali Giuliano viveva e lo stesso Ammiano riconosce, si compiaceva di avere con lui una troupe di donne e amava mangiare e divertirsi e brindare pubblicamente con donne perdute, coprendo certe infami libert col pretesto delle cerimonie dei suoi misteri; per non parlare delle donne e ragazze che egli stesso sgozzava per le detestabili cerimonie della necromanzia.

Ammiano aveva scritto che dopo la morte della moglie, Giuliano non simpacci mai pi di amori, e dopo un riferimento a Platone secondo il quale Sofocle da vecchio non simmischiava con femmine, riferendosi a Giuliano aveva scritto che nel fiore della sua giovinezza fugg la macchia del vizio, che gli stessi ministri della sua vita domestica non laccusarono, n di sospetto, n di libidine. E questa sua temperanza cresceva in lui aiutandolo quella parsimonia di cibo e di sonno chegli osservava rigorosamente sia in pace che in guerra. Perch in tempo di pace la misura e la pochezza del suo cibo era mirabile a coloro che lavvicinavano; e nelle militari spedizioni vedevasi pigliare su due piedi, un cibo scarso e vile. Quando poi dormendo (come si gi detto, per terra su un tappeto), aveva rinvigorito il corpo alle fatiche indurito, visitava i luoghi delle scorte e delle stazioni, donde si ritraeva nuovamente ai suoi studi. Occorre aggiungere altro?

Gregorio aveva un fratello medico, Cesareo, che era stato presso la Corte di Costanzo e quando Giuliano era divenuto imperatore, Cesareo si era presentato a Corte e Giuliano lo aveva preso con s. Quando Gregorio era venuto a saperlo, scandalizzato, gli aveva scritto una lettera in cui gli diceva: Voi ci coprite di vituperio; vorrei che sentiste quello che dicono di voi gli uomini della nostra famiglia, i forestieri e tutti i cristiani che ci conoscono. ... Mio padre afflitto e gli rincresce di vivere. A mia madre non ho animo di darle questa nuova, e per tenergliela nascosta si adoperano mille invenzioni, perch la debolezza del sesso e lardore della sua piet la renderebbero insopportabile. Valetevi di questa occasione, che una pi bella di ritirarvi non potreste avere.

La lettera ottenne il suo scopo; Giuliano che lo stimava per lingegno e la dottrina, fece ogni sforzo per trattenerlo, senza riuscirvi. Alla fine esclam: Oh felice padre; oh infelici figli!, sapendo che era stato Gregorio a essergli contrario e Cesareo si era ritirato in esilio in Cappadocia.

Ma vediamo una volta per tutte, lorigine della sprezzante accusa di apostata, secondo quanto riferisce labate Fleury (in Storia Ecclesiastica).

Giuliano allet di tre anni era stato battezzato e crescendo (avendo assistito, come abbiamo visto, alle uccisioni compiute da Costanzo, che praticava larianesimo): Avendone timore, fingeva sempre di esser cristiano e per meglio dissimulare si fece radere il capo e per qualche tempo volle professare esternamente la vita monastica. Non pot cos ben celarsi agli occhi di Gallo, che gli mand Aezio, sofista ariano che poi divenne famoso, il quale rassicur Gallo dicendogli che Giuliano frequentava le chiese e leggeva le memorie dei martiri e perseverava nella cristiana religione. Dopo la morte di Gallo. Giuliano recatosi in Grecia si confermava sempre pi nellidolatria e seguitava a ricercare in ogni luogo, indovini e interpreti degli oracoli. Tra gli altri era caduto nelle mani di un impostore che, avendolo condotto in un tempio, aveva invocato i diavoli, che apparsi, spaventarono Giuliano, il quale si era segnato con la croce ed essi scomparvero. Lincantatore si dolse con Giuliano, il quale confess il suo spavento e il valore del segno della croce; ma lincantatore lo riprese, dicendo che era stato lorrore della sua opera a farlo scomparire. E fu cos che Giuliano si fece iniziare alle cerimonie pagane (355).

Giuliano dopo un anno di permanenza ad Atene, era chiamato da Costanzo che lo nominava Cesare.

 

 

 

 

*) Gregorio di Nazianzo aveva scritto due Orazioni (era la forma letteraria dellepoca) contro Giuliano (V e VI), riportate nella Collana diretta da Giovanni Reale ed. Bompiani, Il pensiero Occidentale, 2ooo; Prima e Seconda invettiva contro Giuliano; dove alla nota 2 della Prima invettiva detto: Questo discorso e il successivo (V e VI), sono stati scritti dopo la morte di Giuliano (363), avvenuta durante la sfortunata spedizione contro limpero persiano. E stato notato da molti studiosi, che lacrimonia presente in questo discorso e nel successivo, sono eccessivi, tenuto conto che il nemico morto gi da tempo e il lettore avverte un certo stupore di fronte alla interpretazione complementare negativa che Gregorio d di ogni minima azione di Giuliano.

**) In nota 9) indicata nel testo della su riportata nota, si riferisce che Apostata, nel greco classico, ribelle o traditore (Polibio 5,57,4) divenuto epiteto di Giuliano proprio grazie a Gregorio, conservando, e se possibile, aumentando, il carico di disprezzo e di rifiuto. Il Luganesi nota che il termine apostasia compare per la prima volta proprio negli scritti di Giuliano. I cristiani non sarebbero che apostati del giudaismo, mentre limperatore e i suoi non si sono abbandonati allo spirito dellapostasia (cfr. Giuliano, Contro i Giudei fr.3 e fr.57).

 

 

GIULIANO

NOMINATO CESARE

MANDATO NELLE GALLIE

A RESPINGERE

LE INVASIONI

 

 

N

el 355 vi era stata una invasione delle Gallie da parte di Franchi, Germani e Sassoni e Costanzo preso da numerosi attacchi ai vari confini dellimpero: Sarmati e Goti avevano superato il Danubio, i Persiani avevano invaso lOriente e i Galli si erano ribellati e Costanzo si decise a nominare Giuliano, Cesare, il quale, come abbiamo visto, si trovava ad Atene quando Costanzo aveva preso questa decisione.

Giuliano entrava nel suo ventiquattresimo anno di et e giunto a Milano, un ufficiale di palazzo si era recato da lui per togliergli il mantello di filosofo e la barba incolta e vestirlo da Cesare, equipaggio che non gli stava male in quanto era di proporzioni normali e aveva il collo alquanto curvato perch il suo precettore, leunuco Mardonio, lo aveva abituato a guardare per terra.

La cerimonia dellacclamazione si svolgeva nella gran piazza di Milano, dove davanti allarmata raccolta con bandiere ed aquile, Costanzo dal podio, parlando ai soldati, chiedeva la loro approvazione sulla sua decisione di nominarlo Cesare e i soldati mostrarono la loro approvazione battendo sulle ginocchia gli scudi (nel caso di sdegno e dolore gli scudi erano battuti con le lance): gli occhi di Giuliano, scriveva Ammiano, benignamente terribili e il volto, amabilmente altero, presagivano ci che sarebbe stato nellavvenire.

Ammiano ricordava una frase richiamata da Giuliano in riferimento al mantello di porpora indossato, che Omero aveva fatto indossare dalla morte in alcuni versi dellIliade (che Giuliano dimostrava di conoscere a memoria, come non era raro a quei tempi!); la frase era, la porpora della morte lo strinse in una morsa fatale, riferita al colore purpureo (πoρφρεος) dato da Omero al mantello indossato dalla morte; la frase, senza il resto del contesto, che riguardava la uccisione di Ipsnore, figlio del sacerdote del dio Scamandro da parte di Euripilo, poteva risultare oscura e ci sembrato il caso di chiarirla nella nota (*).

Dopo lacclamazione, Costanzo, con linteressamento dellimperatrice Eusebia che gli donava una biblioteca e altri presenti, gli faceva sposare (era il sei novembre 355) la sorella Elena; nello stesso tempo gli erano state assegnate molte guardie, pi che per onorarlo, in una parola, per sorvegliarlo, aveva scritto Tillemont: pi che essere stato fatto Cesare, era stato fatto schiavo.

Rientrati a Milano, Giuliano partiva ai primi di dicembre, con una stagione migliore di quella che si potesse sperare in questo mese; Costanzo lo aveva accompagnato fino a Pavia, dove gli fu riferito che la citt di Colonia era assediata, ma tenne la notizia per s, senza riferirla a Giuliano, il quale, giunto a Vienna del Delfinato, fu accolto con gioia dagli abitanti della citt e dei dintorni.

Giuliano si trovava ad avere intrapreso unattivit diversa da quella che aveva seguito di filosofo, ma era preparato sia per naturale disposizione, sia per gli studi seguiti; aveva preso come modello MarcAurelio come legislatore e Alessandro come guerriero; marciava con le truppe a piedi, col capo scoperto, affrontando lincostanza delle stagioni, dormiva su una pelle messa per terra, mangiava con i soldati e sopportava con loro la fatica e con loro partecipava agli esercizi militari, uno dei quali era come una danza, denominata pirrica, e un giorno non aveva potuto fare a meno di esclamare: Ah! Che mestiere per un filosofo!

Quando le truppe riposavano, Giuliano si dedicava alla amministrazione, alla disciplina delle truppe e si preoccupava degli abusi e alla riparazione delle ingiustizie; aveva represso le concussioni, regolava le spese e faceva ogni sforzo per alleviare il popolo dalle imposte; dormiva poco e passava le notti scrivendo lettere agli amici; a studiare Polibio e Cesare; a meditare i piani delle operazioni; quando studiava larte della guerra, nuova per lui, consultava militari esperti e in poco tempo divenne maestro in questa disciplina,

Giuliano si mise in marcia per liberare le Gallie dalla invasione dei barbari che erano Germani, giungendo a Autun il 24 giugno 356, proseguendo per Auxerrre, Troies, Reims e molte altre localit che comprendevano quarantacinque citt devastate dagli Alemanni, che depredavano uomini, bestie, grano e tutto ci che cadeva nelle loro mani, Dopo aver liberato Colonia dalla rovina, Giuliano si era rifugiato a Sens; quivi passava linverno, assediato dai barbari, superiori di numero, senza ricevere alcun soccorso dal generale della cavalleria Marcello, che aveva il suo quartiere nelle vicinanze, incaricato da Costanzo del comando dellarmata delle Gallie.

Giuliano si preoccup di tenere a bada i barbari che gli creavano ancora dei problemi e attravers per la quinta o sesta volta il Reno andando contro i Franchi Attuarii. Costanzo approfitt per mettergli contro altri nemici e spingere i Galli contro limpero, intrattenendo segreti rapporti con il loro re Vadomero, che spingeva contro il nuovo Cesare. Ma Giuliano lo aveva preso prigioniero e lo aveva mandato in Spagna (357).

Limperatrice Eusebia, sempre ben informata, faceva intanto rimpiazzare il generale Marcello con il pi capace generale Severo, da far presentare la successiva campagna (357) sotto migliori auspici. Costanzo aveva dato incarico al generale Barbazione che, con un corpo darmata, doveva raggiungere lAlto Reno, per poi congiungersi con Giuliano e mettere il nemico tra due pieghe; ma Barbazione che conosceva molto bene le intenzioni di Costanzo, non volendo dare a Giuliano la gloria delloperazione, si fece battere, distruggendo vascelli e viveri destinati alla sussistenza dellarmata e se ne torn carico di obbrobrio, calunniando Giuliano presso la Corte.

Ma Giuliano con le flebili forze che disponeva, era riuscito a superare il tradimento di Barbazione, riportando delle vittorie con le manovre da lui compiute, paragonabili a quelle dei grandi capitani dellantichit, che egli stesso aveva poi descritto in memorie andate perdute.

I Germani, con la defezione di Barbazione, ritennero di poter affrontare il giovane Cesare, riunirono trentacinquemila combattenti di sette diversi re, di cui era a capo Chnodomero. Questo aveva inviato a Giuliano dei messi, invitandolo a uscire dal paese con le truppe che, dicevano, Costanzo gli avesse dato per combattere Magnenzio. Giuliano disponeva di non pi di tredicimila soldati e, per evitare che i messi riferissero questa sua debolezza, li trattenne, mentre egli andava ad affrontarlo.

Lo scontro avvenne nei pressi di Strasburgo, dove Giuliano sterminava seimila uomini, massacrando un pi gran numero di fuggitivi, che si precipitavano nel Reno. Fece prigioniero il re Chnodomero che Giuliano aveva trattato con riguardo, mandandolo con la scorta da Costanzo che lo fece trasferire a Roma, dove questo re moriva. Costanzo aveva comunicato la vittoria allimpero, senza per fare il nome di Giuliano; egli, dopo aver passato linverno (358) a Parigi che aveva ribattezzato la cara Lutezia, proseguiva nelle sue fortunate campagne sul Reno contro i Franchi Salii e i Germani con i loro re Ortero e Suomero, che dovettero restituire ventimila prigionieri.

 

 

 

*) Nel Libro quinto (80) dellIliade detto che Ipsnore, figlio del generoso Dolopion, sacerdote del dio Scamandro (personalizzazione del fiume, nellIliade indicato come Scamandrio), inseguito da Euripilo, germe (figlio) di Evemone, il quale con un fendente gli recideva il braccio; sanguinoso il mozzo lacerato cascava nella polvere e la purpurea morte e il violento Fato gli spensero le luci. Era questo il lavoro del Fato nella dura battaglia! Non vi dubbio che questo triste pensiero di Giuliano, era stato presagio della sua morte prematura, che avveniva otto anni dopo.

 

 

 

GIULIANO

ULTIMO IMPERATORE

PAGANO

 

 

 

G

iuliano, di ritorno a Parigi durante la primavera (360), aveva avuto notizia della rivolta dei Pitti e degli Scozzesi e aveva inviato in Bretannia il generale Lupicino, mentre Costanzo, che stava subendo delle perdite in Persia, gli aveva mandato Decenzio, Segretario di Stato, con una lettera con la quale gli comandava di mandargli in Oriente lintero corpo darmata, che, con Giuliano, aveva conseguito tante vittorie nelle Gallie.

Decenzio gli suggeriva di obbedire allordine dellimperatore e volle che le truppe prendessero congedo da lui; ma le truppe tra le quali si trovavano molti Galli e Germani, avevano accolto la notizia del trasferimento con un cupo silenzio e durante la notte, forzando le porte del palazzo reale, si erano recate da Giuliano che si mostrava riluttante, per costringerlo ad accettare la nomina di Augusto.

Egli aveva poi raccontato (scriveva cit. Fleury, riprendendo dal Misopogon (*)), come riteneva di aver dovuto accettare la nomina: Aveva infatti sognato un giovane nudo con una cornucopia, che gli aveva detto di essere il genio dellimpero, che gli diceva: Da lungo tempo, Giuliano sono celato nel vestibolo della tua casa; molte volte mi sono ritirato come non accolto; ora se tu non mi ricevi, per tante genti che per te si accordano, io partir tristo e confuso; ma ricordati che ancora per molto tempo star teco. Egli poi aggiungeva, spiegando, come avesse accettato la nomina: Giove, il Sole, Marte, Minerva e tutti gli altri Dei sapevano che nessun pensiero io avevo, prima di sentir la novella verso il tramonto del Sole. Il palazzo era stato circondato e udii alte grida. Non avevo animo di fidarmene e dubitavo su ci che dovessi fare. Io ero salito in una camera alta, discosta da quella di mia moglie (che moriva durante questi avvenimenti, nellanno 360 e il suo corpo trasportato a Roma era stato sepolto sulla Nomentana ndr.). Quivi (proseguiva Giuliano), fuori di una finestra stavo adorando Giove e poich le grida avanzavano e tutto il palazzo era turbato, pregai Giove che mi mandasse un presagio; ed egli ci fece, consentendomi di lasciarmi persuadere e di non oppormi allarmata: Ma bench avessi avuto tali segni, io agevolmente non mi arrendevo, opponendomi per quanto mi fosse possibile.

Giuliano non ancora si era rivelato pagano e professava di nascosto le funzioni pagane e ne erano a conoscenza soltanto, come egli riferiva, Oribaso di Pergamo, suo medico e un africano di nome Evemero.

Avendo accettato la nomina, inviava a Costanzo che si trovava a Cesarea, una deputazione con gli ufficiali Pentadio ed Eleutero, con una lettera con cui gli comunicava la sua elezione; ma Costanzo si rifiutava di riceverla e a sua volta inviava a Giuliano il questore Leonas, con una lettera, con la quale lo minacciava di deporre il diadema, revocando i principali ufficiali ai suoi ordini, con sostituzione di altri.

Il questore fu ricevuto a Parigi da Giuliano e alla presenza dellarmata e del popolo fu fatta leggere la lettera inviatagli da Costanzo; quando Leonas giunse al punto in cui Costanzo tacciava Giuliano di ingratitudine nei suoi confronti, per averlo curato quando era orfano, Giuliano lo interruppe dicendogli: Se ero orfano, come lo ero divenuto? Non era stato lui il carnefice di mio padre e della mia casa a farmi trovare in quella condizione? La piaga ancora aperta, vuole ingrandirla?

Alla fine della lettera, poich Costanzo gli comandava di rinunciare allimpero, e contentarsi della carica di Cesare, Giuliano rispondeva a Leonas: Sono pronto a lasciare subito l'impero, se chi detiene il potere lo consente; ma orribili grida si udirono levarsi da ogni canto e confermare a Giuliano il titolo di imperatore; cos ebbe termine l'udienza e Leonas, congedato, partiva per l'Oriente.

Giuliano aveva passato linverno a Vienna dove aveva avuto in sogno la visione di un fantasma luminoso che gli aveva replicato quattro versi greci che gli annunziavano che quando Giove fosse entrato nellAcquario e Saturno nel venticinquesimo grado della Vergine, limperatore Costanzo avrebbe terminato la sua vita.

Giuliano fingeva ancora di essere cristiano, in modo che tutti lo seguissero, e per non trovare ostacoli, mentre intimamente seguiva il paganesimo con i suoi aruspici ed auguri. Nel giorno dellEpifania (6 Gennaio 361) si era recato in chiesa dove si celebrava in Occidente e Oriente la nascita e il battesimo del bambino Ges (il calendario liturgico pagano prevedeva al venticinque dicembre la festa del Sole, celebrata a Roma).

Verso la fine dellinverno del 361, quando Giuliano aveva compiuto la sottomissione dei barbari, Costanzo gli aveva mandato un vescovo, di nome Epitteto, il quale era stato incaricato di promettergli che avrebbe avuta salva la vita, nel caso avesse abdicato; Giuliano indispettito, si faceva confermare la nomina dai soldati dellarmata di ventimila uomini, che gli prestarono un ulteriore giuramento di fedelt, ad eccezione di Nebridio, prefetto del pretorio e creatura di Costanzo, che Giuliano aveva avuto la generosit di sottrarre al furore dei soldati.

Egli partiva quindi con lesercito da Parigi, dirigendosi verso lIlliria (che dalla bassa Ungheria comprendeva tutti i Balcani), fermandosi dopo dodici giorni di marcia a Sirmium (Sirmisch nella Bassa Ungheria), per poi dirigersi in tre giorni ai confini con la Tracia, fermandosi a Nissa (in Serbia sulla rotta Belgrado-Costantinopoli), da dove mandava un manifesto in Grecia e nelle province dellimpero.

Aveva scritto una lettera al filosofo Massimo. in cui gli diceva: Noi serviamo gli Dei apertamente e la moltitudine delle truppe che mi seguono sono pie; pubblicamente sacrifichiamo i buoi e offriamo agli Dei molte ecatombe per rendere grazie. Gli Dei mi comandano che in ogni cosa io mantenga, quando posso, la purezza e a loro volentieri obbedisco. Mi promettono ampie ricompense delle mie fatiche, se io trasando (vale a dire trascuro) me stesso.

Costanzo, dalla Persia, in guerra contro il re Sapore, era rientrato alla fine dellautuunno e stava per recarsi a Costantinopoli quando, giunto a Tarso, fu assalito da una febbricola (361) e nei pressi di Mopsucena, ossia fontana di Mopso, Dio della Cilicia, celebre per gli Oracoli (ai piedi del monte Tauro, nella estremit della Cappadocia). Sentendosi vicino alla morte, volle essere battezzato, avendo sempre rinviato il battesimo, che gli fu somministrato dal vescovo ariano Euzojo di Antiochia, che i cristiani ritenevano setta ereticale, in quanto non riconoscevano la sacralit di Cristo (i popoli germanici erano pi portati verso questa forma di cristianesimo, considerando in Ges la sola natura umana).

Costanzo poco dopo moriva (361), a quarantaquattro anni dopo aver regnato per trentanove anni; la sua morte era stata preceduta lanno precedente da una eclissi di sole. Dopo la morte della moglie Eusebia, aveva sposato Faustina, morta dopo aver dato alla luce una bambina, Flavia Massima Costanzia, che sar data in moglie all'imperatore Graziano.

Le armate di Costanzo, di Roma e Costantinopoli riconobbero allunanimit Giuliano, che si diresse a Costantinopoli dove, nella chiesa dei santi Apostoli furono fatte le esequie allimperatore defunto.

Finalmente padrone del trono imperiale Giuliano si dedicava alla riforma degli abusi e a perseguire i delatori che avevano provocato tante uccisioni durante il regno di Costanzo.

Organizzava una Camera di giustizia (tribunale) in Calcedonia e i primi ad essere processati furono il console Tauro e il suo collega Fiorentino, addetto alla prefettura della Gallia e adulatore di Costanzo, colpevoli di concussione, condannati a morte in contumacia, con un altro Fiorenzo, confinato in unisola della Dalmazia. Un generale consenso aveva avuto la condanna delleunuco Eusebio, schiavo del defunto imperatore, che si era reso colpevole di orribili eccessi; seguirono la stessa sorte Apodemo e il notaio spagnolo Paolo soprannominato Calena, delatori e assassini per ordine di Costanzo (**). Ammiano rimproverava a Giuliano la morte del gran tesoriere Ursulo, che non riteneva colpevole, ma la sentenza era stata decisa dal tribunale di Calcedonia.

Il nuovo imperatore aveva sostituito Fiorentino con il prefetto Mamertino con il quale le finanze, con la penuria del tesoro che era stato sofferto durante il regno precedente, erano state spossate; e, non solo le province galliche, ma quelle dellIlliria, della Dalmazia, della Macedonia e del Peloponneso, avevano recuperato lantico splendore con le risorse di ogni genere e tutti gli elementi della pubblica prosperit che affluivano da ogni parte, senza il bisogno di nuovi tributi.

Giuliano riformava inoltre tutte le cariche di palazzo e riduceva gli enormi emolumenti distribuiti a Corte tra coloro che occupavano le cariche; un giorno aveva fatto chiamare il barbiere e si era presentato il barbiere di Costanzo, magnificamente vestito; Giuliano meravigliato, disse di aver chiesto un barbiere non un senatore; avendo chiesto informazioni, gli dissero che riceveva provvigioni per venti bocche e altrettanti cavalli e ampio salario annuale, oltre alle gratificazioni. Giuliano mandava via barbieri e cuochi; vi erano infatti mille barbieri e altrettanti cuochi; il numero di coloro che mescevano e servivano a mensa era anche maggiore (i numeri sono indicati da Fleury e non da Ammiano e sembrano eccessivi!); e principalmente gli eunuchi che con Costanzo erano divenuti numerosi e il modo di vivere eccessivo, per vesti doro e di seta, come per le delicatezze della tavola; molti ufficiali della Corte erano accusati di essersi arricchiti spogliando i templi pagani.

Ma ora la Corte presentava un aspetto misero e Giuliano lo aveva reso un centro di filosofi, maghi e indovini (ma i suoi accusatori cristiani, come vedremo, peggioreranno le descrizioni!); aveva scritto al filosofo Massimo, che si trovava in Asia assieme a Crisanto, invitandoli a recarsi a Costantinopoli; essi chiesero consiglio agli Dei, ma ebbero cattivi presagi; spaventato Crisanto disse a Massimo che non aveva in animo di morire, ma preferiva nascondersi sotto terra. Massimo gli rispose che aveva dimenticato la dottrina appresa: non debbono i perfetti elleni cedere a ci che sincontra per prima, ma forzare la natura divina che venga ad essi. E Crisanto rispose: forse tu hai in animo e potere di farlo; quanto a me, con questi segni, non mi azzarder, e ci detto, and via.

Massimo invece partiva e ovunque passasse, era accolto dal popolo con in testa i magistrati e le donne si affaticavano nelle gentilezze verso la moglie. Quando giunse a Costantinopoli fu ben accolto dallimperatore e insieme sacrificavano agli Dei per avere consigli, non solo di giorno, ma anche di notte; ci che aveva apportato un cambiamento in Giuliano che era divenuto pi acerbo e difficile, nel senso che si era maggiormente compenetrato nella sua carica imperiale. Crisanto era stato nuovamente invitato e avendo avuto cattivi presagi, anche questa volta aveva rifiutato. Egli dimorava a Sardi e limperatore lo nominava pontefice della Lidia e nominava la moglie, sacerdotessa.

Fleury (che attinge da Ammiano) ci fa sapere che quando Giuliano era stato nominato Cesare, Costanzo gli aveva fatto radere la barba, secondo luso dei romani; ma da imperatore laveva fatta ricrescere, come si vedeva dalle sue medaglie; in quelle in cui era indicato come Cesare era senza barba; e nella maggior parte di quelle in cui era indicato come Augusto aveva la barba lunga (e a punta come gli piaceva portare) quanto poteva avere un uomo di trentanni.

Egli amava considerarsi greco (tutti i suoi scritti erano in greco) e mirava a restituire lellenismo alla sua perfezione, vale a dire i costumi degli antichi greci e particolarmente la loro religione, in quanto il nome elleno indicava la religione pagana, tanto tra cristiani quanto tra pagani.

Sentendosi ora padrone, si era dedicato alla cura dei templi, restaurando o riedificando quelli danneggiati o distrutti; ricostituendo la classe sacerdotale dei gerofanti e sacrificatori, nelle varie citt; ad essi richiedeva losservanza dellastinenza di alcune carni e le prescritte purificazioni; la curiosit lo spingeva ad assistere alle cerimonie degli aruspici e allesame delle viscere.

Giuliano aveva fatto porre nella basilica di Costantinopoli la statua del Dio della Fortuna e il vescovo cristiano di Calcedonia, Maris, si era lamentato di questa empiet; ma questa era la religione di Omero, seguita dai greci e poi dai romani da oltre tremila anni! Giuliano adorava anche gli Dei egizi, in particolare Serapide, Iside e Anubi, come era rappresentato nelle medaglie, dove lo si vedeva sotto limmagine di Serapide, con lo staio sul capo e di lato la moglie Elena sotto quella di Iside.

 

 

 

*) Misopogon (Nemico della barba): satira indirizzata agli abitanti di Antiochia (raffinata citt dellOriente) che a causa di un editto imperiale riguardante lannona, avevano sfogato il loro malumore contro limperatore con delle pasquinate. E Giuliano aveva colto il destro per irriderli con eleganza come lussuriosi, presuntuosi che si radevano la barba, ci che costituiva per i filosofi, che la lasciavano crescere, sintomo di mollezza dei costumi; la satira era piccante in quanto metteva in evidenza il contrasto di costumi di Giuliano con quelli del popolo di questa citt, contrapposta alla Lutezia dei Celti (vale a dire Parigi).

**) Questi particolari sono riferiti per dare unidea di come si svolgeva lamministrazione della giustizia nella vastit dellimpero, che raggiungeva i colpevoli ovunque si trovassero.

 

 

 

GIULIANO

AIUTATO DAI DEMONI E

LE ASTIOSE INSINUAZIONI

DEI SANTI GREGORIO

E CRISOSTOMO

 

 

G

iuliano trovandosi ad Atene verso la met del 355, aveva conosciuto Gregorio e Basilio che vi si trovavano per studiare e studiava con Basilio (il pi tollerante degli amici santificati!) non solo lettere profane, ma anche lettere sante e le sacre Scritture, non facendo apparire apertamente di non avere predisposizione per la religione cristiana, ci che non impediva a Gregorio, di temperamento pi astioso, di aver avuto una chiara repulsione, verso Giuliano, sul quale si esprimeva in questi termini: Non ho la pretesa di essere un indovino, ma ritengo che non possa attendersi nulla di buono da questo giovane principe in cui vedo una testa sempre in movimento, delle spalle continuamente penzolanti e agitate, un occhio smarrito, uno sguardo fiero e infiammato di furore, unandatura barcollante e senza consistenza, un naso che non evidenzia che insolenza e disprezzo per gli altri, un'aria del viso beffarda e sprezzante, un riso eccessivo e immodesto, una parola esitante e improvvisamente interrotta; delle interrogazioni sregolate e impertinenti e delle risposte che non valevano di pi, imbarazzate le une nelle altre e che non solo non sostenevano niente e non avevano n metodo n ordine. Se avessi qui qualcuno di quelli con cui allora mi trattenevo, potrei rendere questa testimonianza delle cose che ho detto e aggiungo: Qual terribile mostro ha nutrito lImpero Romano? Piaccia a Dio che io sia un falso profeta.

Ecco, commentava Tillemont che, essendo anchegli di stretta osservanza cattolica, sosteneva Gregorio; come giudicava allora Giuliano chi aveva pi cervello del comune. La folla degli altri ammiravano qualche capacit che egli aveva per leloquenza, con unaria di modestia e dolcezza (alla quale obbligava parecchio lo stato della fortuna). Tutti gli correvano dietro, filosofi, retori ed altri; ma come diceva Libanio con parecchia verit, i demoni lo guardavano con un piacere tutto particolare, non potendo ignorare i suoi disegni e la disposizione del suo cuore di cui essi erano gli autori. Egli apriva il suo cuore a qualcuno degli amici pi intimi e con dolore diceva di vedere lidolatria nello stato in cui era e prometteva che quando ne avesse avuto la possibilit egli non avrebbe mancato di cercare di sollevarla. E, come riferisce Libanio, faceva segretamente sacrifici per ottenere la porpora, che ottenne poco tempo dopo.

Era stato ad Antiochia, aveva scritto Gregorio, che Giuliano. aveva commesso le sue crudelt e aveva dato sfogo ai suoi vizi; il fiume Oronte era pieno di cadaveri di quelli che aveva fatto uccidere durante la notte e inoltre molti posti fuori del palazzo, fossi, cave, pozzi, stagni erano tutti pieni di coloro che aveva martirizzati nel nome di Ges Cristo, o di gran numero di ragazzi e ragazze sacrificati nei suoi detestabili misteri e alla curiosit che aveva di conoscere l'avvenire con la necromanzia; dopo la sua morte erano stati trovati nel palazzo forzieri e pozzi pieni di teste e di corpi di morti.

A Gregorio di Nazianzo si univa un altro nemico di Giuliano, Giovanni Crisostomo che non accettando la diversit religiosa di Giuliano, si lasciava andare a descrizioni denigratorie sulla sua Corte (riportate da Tillemont): Con una folla di filosofi, maghi, gente perduta delluno e dellaltro sesso; e quando Giuliano aveva pubblicato il suo editto per il ristabilimento dellidolatria. si era visto accorrere da tutte le parti del mondo, maghi, incantatori, indovini, auguri e tutti coloro che facevano mestieri dimpostura e di illusione. Di sorta che tutto il palazzo si trovava pieno di gente senza onore e di vagabondi, di coloro che si erano ridotti allultima miseria, quelli che per stregoneria e con i malefici avevano languito nelle prigioni e nelle miniere e coloro che a malapena tiravano la vita miserabile nei lavori pi bassi e pi vergognosi, tutta gente che si dedica al sacerdozio (intendendo i sacerdoti pagani) e pontefici che si trovavano, in un istante, tutti, insieme.

E Crisostomo continuava con tono spregiativo: limpostore lasciava i generali e i magistrati con i quali disdegnava di parlare, per accompagnarsi nelle passeggiate in citt con i giovani perduti debosciati, cortigiane che uscivano dai luoghi infami della loro prostituzione. I cavalli dellimperatore e le guardie non lo seguivano che da lontano in quanto questo truppa infame della prostituzione circondava la sua persona e sembrava che fosse il primo rango donore in mezzo alle pubbliche piazze, dicendo e facendo tutto ci che si pu ottenere da gente di questa professione.

Sulle accuse di Gregorio di Nazianzo a Giuliano, di aver fatto strage di cristiani, sappiamo che, come riferisce Ammiano, appena eletto, aveva annullato tutte le disposizioni emanate da Costanzo contro i cristiani, ritenute crudeli e ingiuste, richiamando coloro che erano stati banditi (particolarmente i vescovi) per motivi religiosi, restituendo facolt confiscate e concedendo (con leditto del 4.2.632) a tutti la libert di seguire la propria religione. Ma Gregorio sosteneva che questi provvedimenti fossero fatti per ingraziarsi le popolazioni (cit. Fleury)! E che si trattasse di una sottigliezza appositamente usata da Giuliano, per accrescere le discordie, precisando: Questo modo di procedere, ritenuto apparentemente benigno era preordinato da Giuliano per accrescere le discordie tra gli stessi cristiani (appartenenti alle diverse credenze, cattolici, ariani ecc.). Purtroppo il fanatismo acceca anche i santi !

 

 

 

LA PROMESSA DI

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO

LA RELIGIONE

POLITEISTA

DIVENTA MONOTEISTA E

MORTE DELLIMPERATORE

 

 

L

'imperatore era rimasto pagano e come abbiamo visto, in precedenza, si era votato al cristianesimo per evitare di fare la fine che Costanzo, aveva fatto fare al padre e al fratello Crispo e agli altri familiari.

Giuliano si era potuto finalmente rivelare convinto pagano, suscitando, come abbiamo visto, lodio di Gregorio di Nazianzo, mentre avrebbe meritato il rispetto di chi fosse dedito alle osservanze religiose, che i cristiani avevano combattuto anche con il disprezzo e con la guerra psicologica della denigrazione.

Giuliano non aveva mosso persecuzioni ai cristiani, salvo leditto (17.6.362) col quale vietava agli insegnanti cristiani, linsegnamento della retorica, che apparteneva alla tradizione classica e gli insegnanti cristiani non potevano propagandare dei valori nei quali non si credeva. Divieto che, come aveva scritto Montaigne (Saggi), Ammiano gli aveva aspramente rimproverato; mentre proteggeva particolarmente i giudei, nemici dei galilei (cos nominava i cristiani), dai quali ferocemente erano perseguitati.

Giuliano aveva promesso ai giudei che avrebbe ricostruito il loro Tempio di Gerusalemme ed era sorta una polemica sulla circostanza che i lavori, dopo essere stati iniziati, fossero stati interrotti a causa della apparizione di globi di fuoco e non erano pi proseguiti; e limperatore era stato accusato dai cristiani ad aver voluto la loro interruzione; in effetti i lavori erano stati interrotti ma a causa di un terremoto non disgiunti da fenomeni vulcanici, di cui a quei tempi non si conoscevano le cause.

Il famoso Tempio, era stato completamente distrutto quando Vespasiano (9-79), nellanno 70, e Tito (39-81) nellanno 79, avevano posto l'assedio a Gerusalemme. Giuliano aveva affidato i lavori per la ricostruzione ad Alipio di Antiochia, che era stato prefetto della Bretannia, il quale aveva dato inizio ai lavori, ma (ai primi dellanno 363) era intervenuto un terremoto, che aveva finito di distruggere ci che rimaneva di Nicomedia, i cui effetti si erano avvertiti a Nicea e Gerusalemme.

Inoltre si diceva che a Gerusalemme fossero apparse delle sfere di fuoco, e, come si verifica in questi casi, vi era chi aveva visto delle croci, brillanti come largento che impregnavano gli abiti e n lacqua n il ferro riuscivano a togliere, ritenuti prodigi mandati dal cielo; ma era anche intervenuta la morte del sovrintendente alle finanze, Felice, e i lavori per questi motivi non erano stati ripresi e non, come accusavano i cristiani, addossando la colpa allimperatore.

Giuliano aveva ristabilito le cerimonie del culto pagano, ritenute lussuose, riproponendo i templi degli dei e riorganizzando il loro culto: ci che aveva suscitato la ingiustificata astiosa reazione dei cristiani (dal momento che ognuno avrebbe potuto seguire i proprio culto,

Giuliano aveva disposto la celebrazione delle feste pagane; egli stesso esercitava le funzioni di pontefice massimo e si atteneva con puntualit alle prescrizioni votive, osservandole quotidianamente. Labate Fleury, ironizzava sulla circostanza che Giuliano invocasse Minerva e sacrificasse il sangue agli dei e gli storici cristiani (che ritenevano di cancellare il suo ricordo distruggendo le sue opere (*)), consideravano patetiche queste manifestazioni, che pur erano espressioni di religiosit, ispirate dallamore per la religione da essi praticata, come vedremo pi avanti.

Sul paganesimo osserviamo che dai cristiani era stata condotta, come gi accennato, una lotta psicologica, che mirava a presentare il culto praticato in maniera distorta, distruggendolo col disprezzo, con particolare riferimento alla idolatria, ossia alla adorazione degli idoli e di esseri viziosi e abominevoli, che non era tale, in quanto le statue non erano che la rappresentazione degli dei, come poi avverr con i cristiani per le immagini, da cui era scaturita la lotta iconoclasta (v. in Art. I mille anni ecc.). Il culto pagano aveva invece i suoi sacerdoti le sue funzioni, le sue preghiere, le invocazioni agli dei per i miracoli richiesti, che si riteneva si verificassero, come avverr per i cristiani.

Con il passaggio dal politeismo al monoteismo, il cristianesimo si era trovato a sostituire linvocazione agli dei, con quelle ai santi; a sostituire al sacerdozio pagano, quello cristiano; le feste pagane, poco per volta erano state sostituite da quelle cristiane, come il culto della Madonna, derivante da quello della Dea Cibele, la Grande Madre o il culto di Iside, rappresentata con il bambino; comprese anche le feste natalizie: noto che il Natale non corrisponde a quello della nascita reale di Ges, il cui culto era stato anche preceduto dal culto riservato alla nascita di Dioniso (**).

Come aveva ritenuto Giorgio Ghemisto Pletone (v. in Schede F. Polemiche umanistiche ecc.); nelle religioni vi era stata evoluzione, per cui dal politeismo che praticava il culto agli dei, si era passati al monoteismo, con il culto per un solo Dio; per cui dalla religione pagana, per evoluzione, si era passati alla religione cristiana che aveva introdotto il Dio unico, istituito da Mos nella religione ebraica (***), dalla quale si era staccato il cristianesimo, con la secolare lotta contro gli ebrei, che era stata altrettanto atroce.

Il monoteismo di Mos era stato elaborato dal cristianesimo, che lo aveva reso pi complesso con lintroduzione del principio trinitario (Dio, Uno e Trino); mentre le cerimonie, le cene qualificate sacre con lofferta del vino, i riti in cui si usava lincenso (ritenuto purificatore), i sacrifici pagani, erano stati sostituiti dal sacrificio della messa e il sacrificio delle offerte degli animali e del sangue e del vino agli dei, sostituiti dalla comuniome del pane (o dallostia) e del vino, che costituivano il corpo e sangue di Cristo; il mito della mela di Afrodite era divenuto il frutto proibito del Paradiso Terrestre (****); luso dellincenso purificatore era perpetuato anche nelle cerimonie religiose dei cristiani.

La lotta per laffermazione del cristianesimo che si poneva come la vera religione era stata cruenta (*****): e, non possiamo non ricordare la crudelt alla quale era stato fatto ricorso, circa mezzo secolo dopo lepoca di Giuliano, nei confronti di Ipazia (******), dal vescovo Cirillo di Alessandria (370-444), anchegli santificato, che aveva assunto dei malviventi per farla massacrare.

I cristiani, che si fondavano sui principi della piet, predicata (come aveva scritto Gregorio nel secondo discorso contro Giuliano, dobbiamo vincere i pagani con la dolcezza, rendiamoli pi umani col nostro esempio), non solo non si erano sottratti alla lotta cruenta contro i propri nemici, ma avevano fatto anche ricorso alla denigrazione psicologica, vale a dire, come abbiamo visto, al disprezzo della religione pagana, accusata della adorazione degli idoli e delle pietre (in riferimento alle statue!).

Ma, come apprendiamo da Giuliano (nella Lettera a un pontefice pagano), la religione pagana aveva la stessa organizzazione rituale, che poi sar recepita dalla religione cristiana: aveva infatti la fede nella Provvidenza, i preti, ministri e servitori degli dei che, scriveva Giuliano, devono essere onorati, anche quelli dei nemici, perch essi pregano e fanno i sacrifici per noi. Il prete, egli scriveva, ha diritto al nostro rispetto e ai nostri omaggi; anche un re accoglie rispettosamente il prete del nemico; e se il prete un cattivo prete, spogliamolo del sacerdozio e lasciamolo da parte; ma quando sacrifica, quando immola, quando in contatto con gli dei, consideriamolo come privilegio degli immortali e saremo penetrati da una piet verso di lui di una pia venerazione; un pontefice, aggiungeva, deve essere onorato come un magistrato, come stato detto dalloracolo di Didime (Apollo).

Le statue e i templi, precisava Giuliano rappresentano gli dei: se si onorano i preti destinati a rappresentarci come ministri e servitori degli dei, lo sono anche i templi e le statue che li rappresentano. Per lanima, che Giuliano, come puro platonico, considerava immortale, egli diceva che lamore sopratutto dell'anima umana per la sua vicinanza e affinit agli dei pi facilmente e intimamente penetrata dai loro sguardi. Non si direbbe che sia un cristiano a parlare?

Lanima, incorporea ed eterna era stata la grande scoperta e rifugio dellUomo il quale nella vita terrena avrebbe goduto di un periodo di tempo limitato, mentre il mondo dello spirito che egli aveva creato, al di l di ogni ombra di raziocinio che doveva essere annullato ricorrendo alla cieca fede, gli concedeva il godimento della eternit (che per noi moderni che ora stiamo avendo conoscenza di come sia fatto lUniverso, che tutto trasforma, possa apparire assurda quanto improbabile); ci che aveva avuto il merito di dare alluomo la possibilit di non aver timore della morte, ma di andarle incontro con gioia e letizia.

Gli esempi sarebbero infiniti, prendiamo quello di Tommaso Moro (v. Art. Lepoca dei Tudor), che era andato incontro alla morte con letizia; quando stava per essere decapitato, aveva detto al suo custode, sir Thomas Kingston,: Non angustiatevi sir Kingston, state sereno, che pregher per voi e vostra moglie, perch possiamo ritrovarci insieme in Paradiso ed essere eternamente felici; e ( nello stesso art.), si legga con quanta fede era andata incontro alla morte la regina Maria Stuarda, che aveva avuto una morte estremamente straziante.

E sulla eternit e immortalit dellanima Giuliano, moribondo si era trattenuto serenamente con i suoi amici filosofi Massimo e Prisco.

Sulla morte di Giuliano ferito da un dardo, durante uno scontro con i persiani non si era potuto sapere molto perch un forte vento o una tromba daria non aveva permesso di vedere ci che effettivamente fosse successo; ma erano emerse tante invenzioni che non possono esser prese in considerazione.

Gregorio aveva scritto che quando era stato ferito,Giuliano si fosse rivoltato contro Cristo, dicendogli: hai voluto il mio sangue, eccolo! Invenzioni denigratorie che tradivano i cattivi sentimenti nutriti verso Giuliano, non certamente cristiani; ci atteniamo a ci che era effettivamente accaduto.

Era il mese di giugno e Giuliano era partito con lesercito, per la campagna contro i persiani a causa della guerra iniziata da Costanzo, e, probabilmente per il caldo, non aveva indossato la corazza e aveva il solo scudo; era stato chiamato dallavanguardia, che aveva avuto uno scontro con i persiani (che in guerra facevano uso degli elefanti) ed era giunto quando i persiani con i quali si era scontrata lavanguardia, erano stati respinti. Mentre Giuliano si trovava nella mischia un vento violento che aveva coperto di tenebre laria e aveva annebbiato la vista e non si era visto chi fosse stato; si era ritenuto (Tillemont) fosse stato un Saraceno della parte persiana; ma vi era stato chi aveva ritenuto fosse stato una delle sue guardie; il re persiano aveva promesso grandi ricompense, ma nessuno si era presentato.

Fu portato nella sua tenda, mentre chiedeva armi e cavallo per tornare a combattere; perdeva sangue e forze e fu trattenuto e steso sulla pelle di leone dove era solito dormire, assistito dal suo fedele medico Oribaso.

Aveva chiesto il nome del posto dove era caduto, perch gli era stato detto che sarebbe morto in un posto denominato Frigia, che egli pensava fosse la regione dellAsia minore. Gli era stato riferito che quel posto era denominato con quel nome e si rese conto che era giunto al termine della sua vita. Giuliano laccettava stoicamente, con fermezza danimo e tranquillit di spirito, ritenendo di andare a unirsi al cielo e alle stelle; aveva trascorso il tempo che gli rimaneva, parlando della nobilt dellanima e della sua immortalit.

Aveva detto, infatti, agli amici che lo circondavano, La natura riprende ci che mi ha prestato ed io lo rendo, con la gioia del debitore che si acquieta e senza il dolore o il rimpianto che la maggior parte degli uomini crede inseparabili dallet in cui sono. La filosofia mi ha convinto che lanima non sia veramente felice che quando sia liberata dai legami del corpo e dovrebbe piuttosto gioire che affliggersi, quando la nostra parte pi nobile si stacca da quella che lha degradata e avvilita. La mia riflessione che gli Dei hanno sovente mandato la morte a persone degne, come la pi grande ricompensa che possa coronare la virt. Io la ricevo a titolo di grazia. Essi vogliono risparmiarmi le difficolt che senza dubbio, mi avrebbero fatto certamente soccombere o commettere qualche azione indegna di me. Muoio senza rimorsi perch sono vissuto senza commettere crimini, sia nel periodo delle mie disgrazie, quando ero stato allontanato dalla Corte ed ero stato confinato in luoghi oscuri e lontani, sia dopo, quando ero stato elevato al potere supremo. Ho rispettato il potere di cui ero stato rivestito, come emanazione della potenza divina. Credo di essermi mantenuto puro e senza macchia, governando con dolcezza i popoli che sono stati affidati alle mie cure, non dichiarando, n sostenendo guerre, se non con buone ragioni. Se non sono riuscito che il successo, in ultima analisi, non dipende che dalla buona disponibilit degli Dei. Persuaso che il benessere delle persone sia il fine di ogni governo giusto, ho detestato il potere arbitrario fonte fatale di corruzione dei costumi e la rovina degli Stati. Io ho sempre cercato delle vie pacifiche, voi lo sapete: ma nel momento in cui la patria mi ha fatto sentire la sua voce e mi ha comandato di correre ai pericoli, io ho obbedito agli ordini assoluti di una madre. Nel momento in cui si presentato il pericolo lho affrontato con piacere. Da molto tempo mi era stato predetto che sarei morto di morte violenta. Cos ringrazio il Dio sempiterno (Sempiternum veneror Numen), di non aver permesso che perissi sia per una cospirazione, n a causa di una lunga malattia, n per la crudelt di un tiranno. Adoro la sua bont avuta su di me, togliendomi dal mondo con un glorioso trapasso, durante una corsa gloriosa; a voler ben giudicare delle cose, sarebbe ugualmente una vilt augurare la morte quando il momento di vivere o respingere la vita quando tempo di morire. Le mie forze mi abbandonano: non posso pi parlare con voi. Quanto allelezione di un imperatore mi guardo bene dal giudicare la vostra scelta: la mia potrebbe mal cadere e forse perderei se non seguita da colui che avrei designto. Mi auguro di essere sostituito da un degno successore.

Il calore col quale aveva parlato lo aveva affaticato e chiese dellacqua fresca e dopo averla bevuta spirava; era la notte del venti giugno dellanno 363 e mancava poco al compimento del trentaduesimo anno di et; come imperatore, aveva regnato solo ventun mesi; con lui si estingueva la dinastia di Costanzo Cloro (cos detto dal colore della pelle). Il suo corpo era stato portato Tarso in Cilici, dove aveva chiesto di essere sepolto.

Al mattino seguente gli ufficiali si riunirono per eleggere il nuovo imperatore, e avevano scelto Gioviano, figlio del conte Varoniano che, pur non facendo parte dellordine dei generali, era conosciuto ed apprezzato per la sua presenza e per il suo coraggio.

Era cristiano e scrisse subito ai governatori delle province che le persone si raccogliessero nelle chiese; mentre i pagani si nascondevano, i filosofi deponevano il loro mantello (in greco tribonion e in latino pallium), segno della loro professione e indossarono labito comune. Gioviano provvide inoltre a rimettere la croce sul labaro; rese limmunit alle chiese, al clero, alle vedove e alle vergini; rinnov tutto quello che aveva fatto Costantino e i suoi figli in favore della religione; ordin che le chiese conservassero la fede di Nicea, in tutta la sua purezza, dando ad Attanasio lordine di scrivere esattamente la dottrina in cui si dovesse credere (in particolare relativamente alla natura del Figlio che gli ariani sostenevano essere stato creato, e che fosse simile al Padre o a Dio, mentre Nicea riteneva che il Figlio vero Dio, consustanziale, vale a dire vero Figlio, nato da vero Padre e con lo Spirito Santo costituisce la santa Trinit che una sola divinit (cit. Fleury).

E la religione cristiana riprese definitivamente il suo cammino per la sua affermazione, non solo con la predicazione, ma (lo scriviamo per motivi storici senza alcuna ombra denigratoria! ndr) con la persecuzione degli ebrei, le stragi della crociata contro gli albigesi in Provenza, la guerra tra cristiani e protestanti in Germania, le torture e le esecuzioni del triste periodo della Inquisizione nei secoli che seguirono.

 

 

 

 

*) In Julian empereur, defense du paganisme, tradotto dal greco in francese dal marchese dArgens, Berlino 1758, 2.voll., con dedica a DAlambert, il traduttore (in Prefazione), spiega che Giuliano aveva scritto tre testi Contro i cristiani e solo uno di essi si era salvato nella sua interezza per essere stato ultilizzato da san Cirillo nella diatriba contro Giuliano. L'opera di Giuliano, prosegue il traduttore, ebbe successo nell'impero per la natura del soggetto e il rango dell'autore; un tale scritto avrebbe potuto capovolgere la religione cristiana stabilita da Costantino, se Giuliano fosse vissuto pi a lungo. Questa preziosa opera di Giuliano, aggiungeva, sarebbe scomparsa con le altre due, se il vescovo Cirillo, quarant'anni dopo la sua morte non avesse conservato molti dei frammenti oggetto delle sue refutazioni. Laltro testo di Giuliano, sulla Difesa del paganesimo, contiene le sue riflessioni sui dogmi della religione cristiana.

**) I misteri di Dioniso di Reinhold Merkelbach, Egig 1991.

***) Chi aveva scoperchiato il vaso di Pandora, era stato Sigmund Freud il celebre psicanalista ebreo, con il suo libro su Mos e il monoteismo.

Non bisogna dimenticare che il biblico Mos, che lo facevano parlare familiarmente con Dio, figura leggendaria; ritenuto infatti sacerdote egizio, aveva introdotto il monoteismo sulle orme del faraone Akhen-Aton (padre di Tutankamon), che aveva istituito il monoteismo con il Dio unico Aton, il Sole, eliminando tutti gli dei egizi; ma era stato combattuto dai sacerdoti, che alla sua morte avevano cancellato ogni sua traccia (ed anche le tracce del giovane Tutankamon!), reintroducendo il politeismo. Mos che sarebbe stato sacerdote egiziano aveva seguito il monoteismo iniziato da Akhenaton, trasmettendolo agli ebrei, che non avevano alcuna nozione relativamente allanima e alla sua immortalit.

Prima di Platone gli ebrei non conoscevano il problema dellimmortalit dellanima elaborata da Platone dopo essere stato in Egitto (ma prima degli Egizi erano stati gli Indiani a creare il favoloso mondo dello Spirito, che alleviava una parte dellumanit credente, dallorrore della morte), dove aveva seguito i sacerdoti egizi che consideravano la morte come un passaggio verso leternit.

Per avere unidea di questa eternit, basta far ricorso allastrofisica, e alle scoperte delluniverso che si stanno facendo con nuovi telescopi (v. le due Schede sulla Creazione delUniverso) che ci danno appena lidea di ci che possa essere leternit, fatta di miliardi di anni (la galassia pi distante da noi si trova a otto mld. e mezzo di anni luce, vale a dire che la sua luce ha impiegato otto mld. e mezzo di anni, alla velocit della luce, per arrivare fino a noi e quindi sappiamo solo comera otto mld. e mezzo di anni fa, durante i quali tutto si distrugge e si trasforma ... ad esclusione dellanima che dovrebbe resistere a tutte le esplosioni e vagare nelluniverso con le stelle!

Dellanima, nei libri che parlano di Mos, non fatta alcuna menzione in quanto per gli ebrei tutto era temporale. Essi ne avevano preso conoscenza solo sotto i tolomei e mentre la setta dei Sadducei rigettava queste idee, quella dei Farisei laveva deturpata con la metempsicosi e al Dio di Mos erano seguite le elaborazioni che erano giunte alla Trinit.

Con il cristianesimo infatti, le dottrine cristiane erano state elaborate dai Padri della Chiesa relativamente ai due fondamenti dellanima immortale, trattata da Platone (e non solo!), e della venuta del Messia, divenuto il Figlio di Dio, che aveva dato luogo alla elaborazione della Trinit. Infatti al monoteismo mosaico del Dio unico si era dovuto aggiungere il Figlio, venuto sulla Terra per redimere lUmanit, e si era dovuto far ricorso allo Spirito Santo per giungere alla Trinit, che costituiva la perfezione Trinitaria.

Questa aveva determinato laccusa da parte dei musulmani, di politeismo dei cristiani, mentre in seno al cristianesimo aveva portato non solo a scissioni (sorte sulla natura, divina o umana di Cristo, come abbiamo visto nellarianesimo), ma alla secolare polemica del filioque, (v. in Art. I mille anni dellimpero bizantino ecc.) con i cristiani ortodossi dOriente, che si ritenevano i veri depositari del cristianesimo.

*****) Il mito della mela di Afrodite, diveniva il frutto proibito ad Adamo ed Eva, nel paradiso Terrestre. La dea Discordia aveva lanciato una mela destinata ad essere accordata alla pi bella delle tre dee, Era, Atena e Afrodite; Zeus aveva ordinato a Ermes di condurle tutte e tre sul monte Ida nella Troade, per essere giudicate da Alessandro (che poi sar conosciuto come Paride). Le tre dee si disputano vantando la loro bellezza e promettendogli dei doni, Era gli offriva la monarchia universale; Atena linvincibilit il guerra; Afrodite gli prometteva la mano di Elena; fu scelta lei, che fu allorigine della guerra.

*****) Come daltronde e purtroppo, sono le religioni, basti ricordare la guerra condotta dagli israeliani contro Hamas, in cui coinvolta lintera popolazione palestinese (che ha il torto di non sapersi dare un proprio governo, affidandosi ad Hamas, che la utilizza come carne da macello!), nella quale crea gli orfani, che saranno i futuri estremisti, con la conseguenza che dei due popoli di cui si sempre parlato, con le stragi compiute da Netanyahu, di popoli ne rimarr uno solo.

Non parliamo della destabilizzazione operata dallIslam nel resto del mondo.

 

 

******) IPAZIA LA FILOSOFA

O

rnamento del suo sesso per la sua bellezza, le sue virt, le sue conoscenze e per la morte di cui si era reso responsabile san Cirillo, ritenuto il diretto autore dellassassinio (*).

Ipazia, dopo aver studiato le matematiche sotto suo padre Teone (geometra e filosofo S.) di Alessandria; moglie del filosofo Isidoro (S.), si recava ad Atene per seguire i corsi dei pi celebri insegnanti.

Tornata ad Alessandria era stata invitata a insegnare filosofia. Lei era eclettica ma le scienze esatte erano la base di tutte le sue istruzioni e applicava le dimostrazioni dei principi delle scienze speculative. Cos applic per prima un metodo rigoroso nellinsegnamento della filosofia. Aveva scritto un libro contro lastronomo Diofante: Le regole e canoni sul trattato dei coni ( o sezioni conische) di Apollonio (di Perga) (S.).

I Commentari che aveva scritto su Diofante lAstronomo e su Apollonio di Perga, erano andati distrutti con lincendio della Biblioteca di Alessandria.

Nota a tutti i cultori di lettere, prodigio di scienze e di bellezza; insegnava la filosofia di Platone alla scuola di Alessandria, frequentata dai pi stimati personaggi tra i quali Oreste, governatore romano della citt. Aveva avuto come discepolo Sinesio poi vescovo di Tolemaide che, essendo cristiano, non aveva avuto difficolt a studiare sotto una pagana ed essere vescovo di una religione alla quale non credeva e aveva conservato finch visse, un suo ricordo riconoscente. La scuola neoplatonica retta da Ipazia, insegnava delle dottrine non molto diverse dai pi alti dogmi cristiani; Ipazia per professava esteriormente lantico culto pagano.

Aveva avuto come ammiratore e amico Oreste, prefetto dEgitto; Ipazia faceva ricorso ai suoi consigli, nella difficile situazione in cui si trovava, in quanto viveva in una aperta inimicizia con il vescovo (Cirillo), focoso prelato che Roma aveva canonizzato, in quanto i servizi che aveva reso alla Chiesa avevano coperto le manchevolezze (!) del suo carattere irascibile. Ipazia approfittava dellinfluenza che aveva sul prefetto per fare del bene agli sfortunati che imploravano la sua intercessione: ma lei era pagana e lo zelo cristiano ebbe la sua influenza.

Indossava il mantello dei filosofi; a scuola andavano ad ascoltare le sue interpretazioni di Platone, Aristotele e altri filosofi e con il metodo dinsegnamento che seguiva, aveva raggiunto con la temperanza e sobriet, il massimo della virt; essendo di una eccellente bellezza, aveva un viso bello e perfetto, che uno degli uditori era divenuto suo innamorato, e le aveva confessato la sua passione, ma non aveva potuto gioire del suo amore (S.).

Sulla fine di Ipazia vi sono due versioni non perfettamente combacianti; questa che esponiamo di Suda (**). Cirillo, passando un giorno (dellanno 415) davanti alla casa di Ipazia, aveva visto una gran pressa di uomini e cavalli che stavano davanti alla porta; alcuni volevano entrare altri uscire, la maggior parte volevano entrare e aveva chiesto il motivo di quel tumulto. Gli risposero che Ipazia la filosofa, doveva esporre un'arringa. Cirillo, sentendosi colpito fino al cuore, decise di farla morire, con una morte peggiore di tutte. Aveva assoldato i peggiori cattivi elementi (***), senzadio davanti agli occhi, n di Nemesi che vegliava sui torti (e delitti) commessi dagli uomini, i quali le avevano teso un'imboscata e lavevano fatta a pezzi e li avevano sparsi per la citt. L'imperatore ne era rimasto colpito e aveva comandato che gli omicidi fossero presi e puniti, ma Aedesio, corrotto dal danaro, rimise la pena a quei malfattori.

 

 

 

 

(*) Secondo Schoell (Histoire de la litterature grecque prophane, Paris 1823) Cirillo geloso del prodigioso concorso di studenti alla cattedra di Ipazia, aveva assoldato degli assassini che la prelevarono mentre tornava dalle scuole e avevano eccitato i popolani alessandrini (che di natura sono audaci e sediziosi S.) e, portato Ipazia in una chiesa, dove spogliata dai suoi abiti era stata fatta a pezzi; le sue membra ancora palpitanti furono trascinate per le strade e finalmente date alle fiamme. Cos, in tutti i tempi, commentava Schoell, gli uomini non conoscono il freno al loro furore, quando sono eccitati dalle passioni.

**) Secret et misteres des juifz (v. sotto).

***) Segur indica dei monaci.

 

 

* * *

 

 

IL LIBRO IGNORATO DELLO STORICO SUDA CHE AVEVA DESCRITTO NERONE DIVERSAMENTE DA COME CE STATO TRAMANDATO.

 

 

S

uda, noto per aver scritto il Lexicon che, secondo l Enciclopedia Treccani: non solo un testo grammaticale ed etimologico, ma di carattere generale in quanto contiene sia vocaboli con le loro spiegazioni, sia articoli biografici, geografici, storici, scientifici, letterari, riferentisi a usi, costumi, culti, ai pi diversi campi del sapere; indicato come scritto intorno allanno 1000 (IX secolo).

Di Suda (cos corretto in Treccani Suida, confermato anche nel testo di cui ci accingiamo a parlare), abbiamo trovato il testo Secret et misteres des Iuifz (*), tradotto dal greco in francese da Franois le Feure (o Fevre), il quale fa menzione di tre personaggi illustri: Margarite de France, duchessa di Berry, a cui dedicato il libro, sorella del regnante Francesco I, al quale dedicato un sonetto; il terzo personaggio Carlo di Borbone (Montpensier), principe de la Roche Sur-Yon, marchese di Beaupreau, (1515-1565), cattolico, che con suo fratello maggiore Luigi III di Borbone-Montpensier, aveva combattuto contro Carlo V, il quale aveva assunto le Feure al suo servizio.

In questo testo, in riferimento al tratto biografico su Costantino V Copronimo (718-775, v. in Art. I mille anni ecc.), Suda indicato come testimone degli avvenimenti di cui parla. Secondo questo testo, se il libro non fosse apocrifo e se Suda ne fosse il vero autore, come appare dal contenuto, la sua esistenza dovrebbe essere retrocessa al VI secolo: ma non intendiamo andare oltre e lasciamo la soluzione del rebus agli studiosi.

Ci che interessa sottolineare che, come per il Lexicon, il testo riporta tante curiosit e notizie storiche e ai segreti dei giudei del titolo dedicato un solo capitolo, mentre il resto del libro contiene riferimenti alla Chiesa primitiva, agli imperatori romani, vescovi e cristiani perseguitati e pagani persecutori, con i quali Suda, come cristiano, non si mostra molto tenero; sono inoltre indicate sette eretiche del cristianesimo, Sibille, medici e tante altre curiosit tra le quali si trova il racconto di Ipazia, da cui abbiamo preso dei particolari aggiunti a quanto aveva riportato Schoell.

Ci che rende le storie di Suda interessanti, sono la loro assoluta originalit, come quando in riferimento a Giuliano, che indica sempre come apostata, riferisce che a Cirillo, che era stato diacono di Eliopoli durante il regno di Costantino il Grande e aveva abbattuto molti idoli, lo aveva reso martire in quanto gli aveva tagliato lo stomaco e mangiato il suo fegato, particolare non riportato da nessun altro storico, che per la verit, risulta poco credibile!

Ma, parlando di Nerone, Suda. cristiano, contrariamente alle orribili descrizioni tramandateci dalla storia, lo descrive in maniera completamente diversa, dicendo che: durante la giovinezza aveva frequentato i filosofi ed era imbevuto delle dottrine di Cristo ed essendogli stato riferito che questo Cristo era stato messo a morte e crocifisso, rimastone colpito, aveva ordinato che Anna (Annas) e Caifa (i rabbini che lo avevano processato nel Tempio), comparissero con Pilato, in sua presenza in Senato.

Quando costoro si presentarono, Nerone si inform di tutto ci che era stato fatto alla persona di Ges Cristo. Anna e Caifa dissero, a loro difesa e giustificazione, di averlo giudicato secondo la loro legge e non era stata commessa alcuna irregolarit contro il diritto e la giustizia. Ci che aveva udito e aveva mandato Nerone in collera era che il magistrato e giudice (Pilato), avesse abusato del suo potere e fatto ci che a lui era piaciuto, e Nerone aveva inviato Pilato in prigione, lasciando andare Anna e Caifa.

In questo tempo, prosegue Suda, era stato fatto dello scalpore su Simon Mago, che era comparso con san Pietro e Pilato, portato dalla prigione; stando tutti e tre in sua presenza, Nerone domand a Simon Mago: Sei tu Cristo? Egli fece cenno di risposta di s. Poi interrog Pietro, lui Cristo? Al che egli rispose di no, aggiungendo, perch in mia presenza salito nei cieli. Allora Nerone rivolgendosi verso Pilato gli chiese chi dei due fosse Cristo. In risposta Pilato disse che non era n luno, n laltro, dicendo; quanto a Pietro che stato uno dei suoi discepoli e mi fu portato e presentato come suo discepolo, aveva rinnegato il suo maestro, dicendo di non conoscerlo affatto. Per questo lo avevo lasciato andare. Quanto a questo Simone, non lo conosco affatto e non ha alcuna comunanza e somiglianza con questo Cristo di cui stiamo parlando; atteso che (Simon Mago) egiziano, grosso e a sufficienza, moresco e totalmente dissomigliante dallaltro quanto alla forma e tratti del viso. L'imperatore, mostrandosi indignato con Simone come spergiuro e mentitore, avendo mentito di essere Cristo ed anche con Pietro, che aveva rinnegato il suo maestro, li fece cacciare e uscire dal Senato. Quanto a Pilato lo fece decapitare per essere stato cos ardito da condannare e mettere a morte un s grande personaggio, senza il suo assenso ed espresso ordine imperiale.

Questo capitolo riporta a margine unannotazione in cui lautore indica come fonti Eusebio (di Cesarea, contemporaneo di Giuliano, autore di Chronicon. e Storia Ecclesiastica) ed Eutropio (Flavio, morto il 387, pagano, autore di Breviarum ab Urbe condita); e riferisce che secondo costoro, Pilato afflitto da molti malanni e calamit aveva finito per suicidarsi, mentre egli afferma, come abbiamo detto, che Nerone lo avesse condannato alla decapitazione.

 

 

 

*) Suida Secret et misteres des Iuifz, Paris. par Iaques Kerver, 1570, (Biblioteca reale di Francia).

 

 

 

FINE