LIMPERATORE
GIULIANO
DISPREZZATO
E DILEGGIATO
DALLA INTOLLERANZA
RELIGIOSA
Michele E. Puglia
SOMMARIO:
LECATOMBE DEI DISCENDENTI DI COSTANTINO DA PARTE DELLIMPERATORE COSTANZO;
GALLO E GIULIANO LIBERATI DALLA PRIGIONIA; GALLO INVITATO A RECARSI
DALLIMPERATORE A MILANO CONDOTTO A POLA E ASSASSINATO; GIULIANO DOPO LA SUA
LIBERAZIONE SI RECA IN ASIA CENTRO DEL PAGANESIMO; GIULIANO NOMINATO CESARE MANDATO
NELLE GALLIE A RESPINGERE LE INVASIONI; GIULIANO ULTIMO IMPERATORE PAGANO;
GIULIANO AIUTATO DAI DEMONI E LE ASTIOSE INSINUAZIONI DEI SANTI GREGORIO E
CRISOSTOMO; LA PROMESSA
DI RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO - LA RELIGIONE DA POLITEISTA DIVENTA MONOTEISTA E MORTE
DELLIMPERATORE (In nota: IPAZIA LA FILOSOFA; IL LIBRO IGNORATO DELLO STORICO SUIDA CHE AVEVA
DESCRITTO NERONE DIVERSAMENTE DA COME CE STATO TRAMANDATO).
LECATOMBE DEI
DISCENDENTI DI COSTANTINO
DA PARTE
DELLIMPERATORE
COSTANZO
L |
imperatore
Costantino aveva avuto una numerosa discendenza di dieci o dodici maschi (*) che,
come scrive Gibbon (**), sarebbero stati
considerati ai nostri tempi, principi del
sangue, ma nellarco di trentanni tra delitti e mortalit si erano ridotti
al figlio Costanzo e al nipote Giuliano.
Costantino
aveva avuto figli da due donne diverse; da Minervina, sua concubina, aveva
avuto Crispo; da Fausta, gli altri tre maschi e tre femmine. Il primo,
Costantino II, designato erede e nominato Cesare a diciassette anni, aveva sostenuto il padre nella rivolta delle
Gallie, ma era stato mal ripagato dal padre che per gelosia, invece di
premiarlo, promuovendolo da Cesare ad Augusto e affidargli le province
galliche, lo aveva relegato, quasi come prigioniero, nella Corte, affidando le province
galliche al fratello minore Costanzo, il figlio pi amato dal padre.
Nello
stesso tempo, Costantino, per sospetto di una congiura (***), aveva emesso un
terribile editto, con cui invitava i delatori (gratificati con onori e premi),
ad accusare chicchessia, magistrati, intimi e favoriti; e i cortigiani nemici
del Cesare, non trovarono di meglio che accusare Crispo per perderlo.
Limperatore
si era trasferito (325) da Nicomedia a Roma per festeggiare il ventennale del
regno e i nemici di Crispo lo avevano accusato di incesto, con la
collaborazione di Fausta che con la sua eliminazione apriva la strada del regno
ai propri figli. Crispo fu arrestato durante gli stessi festeggiamenti e senza
processo, condannato a morte; inutili le
lacrime di Fausta; Crispo fu condotto nei pressi di Pola in Istria, dove fu
eseguita la condanna che doveva essere eseguita con la decapitazione, ma pi probabilmente
gli era stato propinato il veleno.
Alla
morte del Grande Costantino, il Senato di Roma nominava il figlio primogenito
Costantino II, Augusto, e gli altri due, Costanzo e Costante, Cesari, che
presero possesso delle quote loro assegnate: Costantino II di ventuno anni, aveva
avuto le Gallie, la Spagna e la Bretagna; Costanzo di venti aveva avuto lIlliria
e lAfrica; Costante di diciassette anni, lAsia, la Siria e lEgitto.
Vi
erano anche due cugini, Dalmazio e Annibaliano che furono presto eliminati da
Costanzo, come lo fu anche il primo dei fratelli, Costantino II, ucciso in una
imboscata. Costanzo aveva mandato i soldati a uccidere Giulio Costanzo, padre dei
due fratellastri: Gallo di diciannove anni e Giuliano di quattordici (il quale
a sei anni aveva perso la madre Basilina); rinchiusi nella fortezza di Macellum
presso Cesarea, dove furono tenuti per sei anni, privati della libert, sebbene
fossero stati loro assegnati insegnanti
che li istruivano in ogni sorta di materia, compresa la religione cristiana,
della corrente ariana seguita da Costanzo.
La
fine di Costante, il quale scandalizzava
la popolazione per le sue attenzioni nei confronti di giovani schiavi di
particolare bellezza, scriveva Gibbon, fu rinviata di circa dieci anni, quando
Magnenzio soldato ambizioso che intendeva usurpare il regno, sostenuto dal
conte Marcellino e dal generale Vetranione, aveva dato una festa nella capitale
del regno a Autun e aveva indossato la porpora e il diadema e le guardie gli
avevano prestato giuramento. Costante si trovava nella vicina foresta, dedito
ai suoi particolari piaceri quando, giuntagli la notizia dellazione di Magnenzio,
si dava alla fuga recandosi a Helena, citt della Spagna ai piedi dei Pirenei,
dove per era stato raggiunto e ucciso.
Costanzo
era lunico dei fratelli ad essere rimasto vivo, impegnato nella guerra contro
i persiani, il quale, avuta notizia del colpo di Stato, partiva, affidando
lesercito ai suoi generali e a Gallo, che tratto dalla prigione (a venticinque
anni) era stato nominato Cesare.
Quando
Costanzo era giunto a Eraclea in Tracia, gli si erano presentati gli
ambasciatori di Magnenzio, Marcellino e il generale Vetranione, i quali
offrivano la alleanza, da consolidare con il matrimonio di Costanzo con la
figlia di Magnenzio e di Magnenzio con la principessa Costantina, figlia di
Costantino Magno.
Costanzo
aveva preso un giorno di tempo per la risposta e il giorno seguente raccontava
che gli era apparsa lombra del grande Costantino che abbracciava il corpo del
fratello assassinato, minacciandomi della
vendetta e vietandomi di disperdere il regno e assicurandomi il successo, e una
gloria immortale avrebbe coronato la giustizia delle mie armi.
Respinta
lalleanza con Magnenzio, Costanzo proponeva lalleava a Vetranione che
comandava ventimila soldati, riconoscendolo co-imperatore, offrendogli la
porpora e il diadema, a condizione che ripudiasse lalleanza con Magnenzio. Ci
fatto e riuniti iu due eserciti, lo
scontro con Magnenzio ebbe luogo (351) presso le citt di Mursa e Essek
(poi nota per un ponte di barche lungo cinque miglia sulla Drava).
Le
perdite erano state di cinquantaquattromila morti da parte di Magnenzio, ma
quelle del vincitore erano state maggiori; la vittoria di Costanzo era dovuta
ai corazzieri della sua cavalleria, descritti come massicce statue di acciaio, lucenti nelle loro squamose armature,
nellatto di rompere con le pesanti lance il saldo schieramento delle legioni
galliche. Dopo la vittoria,
Vetramione che aveva rinunciato al diadema e alla porpora, si ritirava a
Prusa, dove finiva i suoi giorni, mentre Magnenzio terminava la sua vita nella
citt di Lione.
*)
Limperatore Costantino il Grande aveva avuto figli da due donne diverse; da
Minervina, concubina, aveva avuto
Crispo; da Fausta aveva avuto Costantino, Costanzo e Costante e tre figlie. Gli
storici per salvare la sua figura di cristiano
avevano discusso sulla regolarit matrimoniale della prima, Minervina, indicata
come concubina dal primo storico che ne aveva parlato, Zosimo (vissuto ai primi
dellanno 500); ma Ducange per salvare la cristianit di Costantino, aveva
accusato genericamente, Zosimo, di parzialit. Gibbon non aveva voluto
contraddire il Ducange (Charles du Fresne du Cange - 1610-1688 - autore della Storia di Costantinopoli sotto i re francesi),
scrivendo: che aveva combattuto per lonore di Minervina, sostenendo (ad libitum), che fosse sposata; ma prima di Zosimo lo aveva
scritto anche Aurelius Victor (le date di nascita e morte non si conoscono o
sono arbitrarie: era vissuto pi o meno in periodo giulianeo o poco dopo).
E
da dire che Ducange era uscito dalle
scuole dei gesuiti e certamente voleva presentare Costantino come stinco di santo, ma tale non era stato;
tra le altre iniquit, aveva fatto uccidere senza processarlo, il proprio
figlio, come raccontiamo, e a dire di R. Tourlet (cristiano), durante il suo
regno erano stati commessi atroci delitti ... Che dire? E cos che stata manipolata la storia!
Costantino
il Grande aveva avuto inoltre tre fratelli non ambiziosi, che erano: Giulio
Costanzo detto il Patrizio, padre di Gallo e Giuliano, e Dalmazio e Annibaliano
e tre sorelle sposate con patrizi: Anastasia, Eutropia e Costanza che aveva
sposato Licinio jr, nominato Cesare, il quale scomparve in circostanze
misteriose (durante le uccisioni operate da Costanzo). Costantino prima di
morire aveva diviso limpero fra i tre figli e due nipoti, Annibaliano, re del
Ponto e della Cappadocia e Dalmazio con lo stesso titolo la Tracia, la
Macedonia e la Grecia; costoro saranno uccisi e le loro quote assorbite da Costanzo.
Con
i nomi di Costanza o Costantina si fa riferimento alla stessa principessa
figlia di Costantino Magno.
**) In Decadence
et chute de lempire roman, Paris 1812.
***)
Si tenga presente che limperatore Costantino il Grande, tanto esaltato (come
la stessa madre Elena, concubina del padre Costanzo Cloro!), fino al livello
miracolistico (con la famosa frase apparsa nel cielo e vista dal solo imperatore!)
da parte dei cristiani per la sua interessata conversione, era stato un
imperatore ingiusto e crudele; (cos qualificato da uno storico cristiano
obiettivo, R. Tourlet, che aveva curato la traduzione delle opere di Giuliano
in tre volumi, Parigi, 1821).
GALLO E GIULIANO
LIBERATI
DALLA PRIGIONIA
PRENDONO STRADE
DIVERSE
L |
a prigione di
Gallo e Giuliano era costituita da un grandioso edificio. antico castello dei
re della Cappadocia, posto in posizione amena, con ampio recinto; essi seguivano gli studi e
facevano i loro esercizi sotto la guida di esperti maestri cristiani , assegnati
da Costanzo con una numerosa corte degna
della loro nascita, ma destinata a sorvegliare i due principi.
Gallo
era figlio di Galla, sorella di Rufino e di Cereale, ed era fratellastro
di Giuliano nato da madre diversa,
Basilina; ambedue, come abbiamo visto, erano stati tenuti prigionieri da
Costanzo.
Ammiano,
di Gallo ne fa una piacevole descrizione:
di ragguardevole belt
nellaspetto, per la conveniente struttura del corpo e la giusta armonia delle
membra; aveva biondi e morbidi i capelli, la barba quantunque gli spuntasse
come tenera lanugine, era tale per che
gli dava una precoce autorit; tanto diverso dai temperati costumi del fratello
Giuliano; sollevato poi a nobilissima altezza di fortuna, fece esperienza della
sua mobilit che si fa gioco degli uomini, ora sospingendoli alle stelle, ora
cacciandoli in fondo a Cocito.
Gallo
come abbiamo visto, aveva avuto la fortuna di avere in assegnazione la parte
Orientale dellimpero con la nomina di
Cesare e aveva sposato la zia, principesssa Costantina, gi moglie del defunto nipote
Annibaliano e, questa provincia Orientale era costituita dal Ponto, dalla
Cappadocia e dallArmenia e divisa in cinque prefetture con capitale Antiochia,
celebre citt della Siria, dove Gallo aveva stabilito la propria residenza.
Gallo, uscito dalla prigionia e messo a governare,
non ne aveva le capacit, per di pi la moglie Costantina era una furia infernale tormentata da una insaziabile sete di sangue
umano e invece di spingere il marito a miti consigli, ne infiammava le
passioni. La crudelt di Gallo si manifestava con violente repressioni popolari e militari;
la citt di Antiochia pullulava di delatori e di spie e lo stesso Gallo si
compiaceva di mischiarsi al popolo. travestendosi da plebeo, per sapere cosa il
popolo pensasse di lui.
In proposito Ammiano cita il caso particolare
di un certo Mercurio, poi chiamato conte
dei sogni che a guisa di un cane che
morda in segreto, tutto umile per interiore malignit, si introduceva nei
banchetti e nelle adunanze numerose e se udiva qualcuno raccontare cose vedute
in sogno, egli le riferiva allimperatore, riferendole con veleno al peggio, e
luomo era accusato della grave accusa; essendosi sparsa la voce di ci, si
fin con levitare di raccontare i propri sogni e agli stranieri non si
confessava neppure di aver dormito; e alcuni dotti si dolevano di non essere
vissuti tra gli atlantidi, dei quali si
raccontava che non sognassero!
In Siria vi erano state delle sommosse a causa
dei prezzi alti dei viveri e vi erano stati alcuni morti e degli arresti e
Gallo aveva mandato il governatore Teofilo il quale invece di calmare la
popolazione, aveva detto altezzosamente che avrebbe fatto avere il grano quando
voleva lui facendo aumentare ulteriormente il prezzo.
Il popolo non dimenticava e in occasione dei
giochi al circo quando si era presentato Teofilo, quattro o cinque popolani lo
assalirono pestandolo di colpi e lo
trascinarono per la citt e fecero lo stesso con Eubulo e suo figlio,
primi cittadini della citt, bruciando la loro casa. Costanzo aveva mandato
Stratego per punire queste sedizioni, cosa che Stratego fece con moderazione; nello
stesso tempo Costanzo scriveva a Gallo lettere piene di tenerezza, ma con vari
pretesti gli ritirava le truppe che Gallo aveva a disposizione e aveva inoltre mandato ad
Antiochia il prefetto Domiziano, con lincarico di dire a Gallo che
limperatore lo invitava a recarsi in Italia.
Domiziano
giunto ad Antiochia, inviava a Costanzo relazioni
di cose che sarebbe stato meglio fossero taciute e invitava Gallo in maniera piuttosto brusca, a
recarsi da Costanzo in Italia (Costanzo aveva fissato la sua sede a Milano), dicendogli:
Vanne come ti comandato e sappi che se
vorrai differire, ordiner che ti siano tolte le tue vettovaglie e quelle della
tua corte e ci detto se ne andava via.
Gallo
pieno di collera mandava i suoi soldati e prelevare Domiziano e il questore
Monzio che, legati con corde, furono trascinati per la citt e i loro resti furono
gettati nel fiume.
GALLO INVITATO A
RECARSI
DALLIMPERATORE
A MILANO CONDOTTO A
POLA E ASSASSINATO
L |
e
crudelt di Gallo erano troppo criminali per essere scusate; non vi da meravigliarsi, scrive Tillemont (*),
che Costanzo, cugino germano di Gallo, che gli aveva fatto sposare la sorella, si fosse deciso, con gli intrighi del suo
ciambellano, leunuco Eusebio, non solo a togliergli il diadema e la porpora e
il titolo di Cesare, ma la stessa vita;
la difficolt era quella di evitare che Gallo non fosse portato a unaperta
rivolta.
Costanzo
gli aveva scritto una lettera piena di
amicizia con la quale lo pregava di andarlo a trovare, per deliberare su affari pressanti; ma prima di
spedire la lettera Costanzo aveva mandato a chiamare Ursicino, generale della
cavalleria dOriente a recarsi a Milano, per prendere decisioni contro la
Persia che aveva minacciato unirruzione; era un pretesto per ritirare da Gallo
le truppe dOriente ed evitare una sua rivolta.
Costanzo,
dopo che Ursicino vi si era recato con Ammiano
(lo storico da noi citato), aveva spedito la lettera a Gallo e nello
stesso tempo aveva scritto alla sorella Costantina, di avere un gran desiderio
di vederla. Costantina nella speranza di commuovere suo fratello, per ottenere
la grazia, per suo marito, si mise in viaggio, ma giunta in Bitinia, moriva in
un luogo chiamato Canos, allingresso
della provincia (354), lasciando una figlia di cui non si hanno notizie; il suo
corpo fu portato a Roma e sepolto nella chiesa di SantAgnese, che lei aveva
fatto costruire.
Gallo
con la morte della moglie, perdeva ogni speranza di poter ottenere la grazia da
Costanzo, da essere spinto a sognare di usurparne la potenza; ma si rendeva
conto di non avere i mezzi per realizzarla, sapendo
che il mondo conosceva la sua crudelt e temeva la sua leggerezza. Costanzo
dal suo canto, non cessava di pressarlo con lettere, inviandogli messaggeri e
sollecitandolo a venire in Italia; alla fine un ufficiale di nome Scudilone
persuadeva Gallo a sperare nella clemenza e nellamicizia di Costanzo. Gallo
partiva recandosi a Costantinopoli dove aveva trovato da divertirsi al circo, mentre
Costanzo faceva ritirare le truppe acquartierate sul suo passaggio, inviandogli
diversi ufficiali che, col pretesto di accompagnarlo per onore, avevano
lordine di sorvegliarlo.
Ripreso
il viaggio, Gallo fece tappa alla Corte di Adrianopoli; ma quando giunse a Pettau,
nella Norica, il conte Barbazione giunto con truppe da Milano e recatosi la
sera nel palazzo in cui si trovava Gallo,
lo priv delle insegne imperiali, portate a Milano, come spoglie di un principe
nemico, da un certo Apodemo.
Barbazione
fece ogni sorta di giuramento a Gallo, a nome di Costanzo, che non gli sarebbe
stato fatto alcun male e fu portato alla citt di Fianone sulla costa Dalmata e
dellIstria o isola delle vicinanze, dove perdeva la vita (354) allet di
ventinove anni e aver regnato quattro anni; questo luogo era in prossimit di
Pola dove anche Crispo, figlio di Costantino,
aveva perso la vita.
Morto
Gallo, si perseguitarono i suoi amici e ministri, in tempi diversi, ad opera
del terribile e dispotico eunuco Eusebio, ciambellano di Costanzo, che aveva al
suo fianco, il crudele Arbora: perdeva la vita anche Domizio Corbulone, fidato
difensore delle province (354); Lusco fu bruciato vivo; leunuco Gorgone, gran
ciambellano di Gallo fu salvato dagli altri eunuchi; Barbazione prima
ricompensato con la carica di generale della fanteria e poi accusato di aspirare
allimpero, fu decapitato con Scudilone
(359).
Per
il generale Ursicino, il quale si era distinto nella battaglia di Mursa ed era
il terrore dei franchi, ingiustamente accusato dei crimini di Gallo; Costanzo
in una riunione segreta, aveva suggerito di togliergli la vita, ma allultimo
momento lesecuzione era stata differita.
Lanno
seguente (355) Ursicino era stato mandato (con dei gregari che lo dovevano
trucidare), contro Silvano, generale della fanteria, il quale combatteva la
corruzione ed era stato vittima di una congiura di cortigiani che avevano
suggerito a Costanzo di pagare i soldati per farsi proclamare imperatore. Ursicino
stava per prendere Silvano, ricoverato in una cameretta mentre si stava recando
a una riunione di cristiani, ma fu colpito dalle spade dei gregari che lo
accompagnavano; mentre Silvano sar ucciso lanno seguente, nella citt di Agrippina
(Colonia).
Della
schiatta di Costantino non rimanevano che Costanzo e Giuliano sul quale pendeva
la spada di Costanzo; infatti i sospetti che avevano causato la eliminazione di
tutti coloro che erano stati vicini a Gallo, avevano colpito anche Giuliano, che
leunuco Eusebio voleva morto; Giuliano, quando Gallo era andato a
Costantinopoli, si era recato a visitarlo e per questo motivo stava per essere ucciso; era stato salvato per intercessione
di Eusebia, ma era stato tenuto prigioniero per sette mesi e poi lasciato
libero di tornare in Grecia.
*) Tillemont, Histoire des empereurs, Paris 1738.
GIULIANO DOPO LA
SUA LIBERAZIONE
SI RECA IN ASIA
CENTRO DEL
PAGANESIMO
G |
iuliano,
alla sua liberazione, otteneva la restituzione dei patrimonio paterno; aveva
avuto la protezione dellimperatrice Eusebia (che morir nel 359), macedone in
quanto originaria della Tessalonica, di grande bellezza; per lascendente che
aveva su Costanzo, favoriva Giuliano, col quale aveva comunanza di idee in
quanto Giuliano, fin da ragazzo, aveva mostrato una vera passione per la lingua
greca (che si parlava a Corte) e per i suoi costumi, la cultura e la religione,
combattuta e disprezzata dai cristiani e ad Atene, dovera ancora viva la
celebre Scuola legata a quella altrettanto celebre di Alessandria, ccntro del
pensiero pagano dellOccidente, chiusa dallinsania
religiosa di Giustiniano (529), e dove convergevano i suoi sogni.
Alla
morte di Gallo, Giuliano aveva corso gran pericolo, in quanto i cortigiani lo avevano
accusato, prima, di aver lasciato il castello di Marcello e poi, di aver visitato il fratello a
Costantinopoli; ma Giuliano aveva mostrato di non aver fatto luna e laltra
cosa senza lordine di Costanzo, appoggiato da Eusebia; e dopo essere stato a
Milano, otteneva il permesso di recarsi in Asia,
con la espressa proibizione di
frequentare il sofista Libanio, perch pagano, col quale per intratteneva
corrispondenza epistolare.
LAsia
per Giuliano era stata scuola di paganesimo; si insegnava e praticava
lastrologia, gli oroscopi, la divinazione per ottenere presagi e la magia. Egli si era
recato a Pergamo a trovare il sofista Edesio, il pi famoso di quanti
professavano la filosofia di Plotino e di Porfirio; ma Edesio era vecchio e gli
suggeriva di andare dai suoi allievi Eusebio e Crisanto, che gli avrebbero
trasmesso la sapienza e le scienze, e si trovavano in Grecia, dove si recava
Giuliano.
Crisanto aveva le stesse predisposizioni di
Massimo (pontefice di Eleusi dovera il tempio di Ecate, dea della Maga),
versato per la magia, mentre Eusebio era dotato per la dialettica e i
ragionamenti e trattava tutto il resto con limmaginazione e limpostura.
Anche Eusebio gli aveva detto di Massimo, che era dottissimo dotato di grande spirito dalla natura, ma abusa del suo
talento, disprezza le dimostrazioni e si attiene alle pazzie.
E gli raccontava che Massimo li aveva portati
al Tempio di Ecate e dopo averli fatti sedere e arso lincenso purificatore,
aveva mormorato sottovoce un inno, parve allora
che la statua della dea sorridesse; noi mostrammo somma meraviglia, ed egli
disse di non far rumore, che le torce tenute in mano dalla dea si sarebbero
accese, e subito esse si accesero; ci ritirammo pieni di meraviglia per questi
prodigi.
Ad Atene Giuliano aveva conosciuto studiosi e
filosofi tra i quali Basilio e Gregorio di Nazianzo; Basilio era pi avanti negli
anni, aveva la gravit di un vegliardo; conosceva la grammatica che era la base del ben parlare della lingua
greca e conosceva la storia e la poesia, la filosofia sia pratica che
speculativa; possedeva la logica in tal maniera che era difficile superarlo
nelle sue argomentazioni. Aveva studiato lastronomia, la geometria,
laritmetica in maniera da non trovarsi in imbarazzo con coloro che se ne
piccavano, rigettando il resto come superfluo. I suoi frequenti malesseri lo
obbligarono ad approfondire la medicina; fu cos che Basilio aveva studiato le scienze profane, senza
tralasciare le sante lettere che aveva studiato dallinfanzia.
Gregorio (poi vescovo di Costantinopoli 379-381), il
feroce nemico che lo aveva preso in odio dal primo momento in cui lo aveva conosciuto,
stimmatizandolo in base ai suoi caratteri somatici, aveva scritto: Questo mostro che limpero nutre dal suo
seno! Piaccia al Cielo che io sia
falso profeta e nella sua descrizione si soffermava, come vedremo sulle spalle larghe che alzava spesso, come la
testa; i piedi non teneva fermi, n camminava con franchezza; gli occhi eran
vivi ma sconvolti e divagati; guardava furiosamente e aveva naso disdegnoso e
insolente, la bocca grande, il labbro inferiore pendente; la barba ispida e in
punta; faceva cenni con la testa senza proposito, rideva fuor di misura.
Mentre Ammiano parlava dei suoi capelli morbidi come se li avesse di continuo pettinati;
irsuta la barba, appuntita allestremit, gli occhi belli e splendenti, attestavano
che il suo spirito era angustiato dal corpo, bei sopracigli, naso
profilatissimo, bocca grande anzi-che-no; il labbro inferiore cadente; collo
largo e poco incurvato; gli omeri ampi e gagliardi; dal capo alle unghie dei
piedi, ben conformato, donde poi nella forza e nel corso valeva moltissimo.
E evidente Gregorio nella sua impietosa descrizione
non avesse considerato che Giuliano fin
dalla sua fanciullezza, dallet di sei anni, era stato sottoposto a sofferenze
che di norma ai bambini vengono risparmiate; Giuliano non solo aveva perso la
madre, ma aveva assistito alla eliminazione dei suoi familiari operata dallo
zio Costanzo, ci che avrebbe dovuto suggerire una certa dose di carit cristiana, che Gregorio aveva
mostrato di non avere; e si era accanito con i suoi scritti (*) e lo aveva marchiato con il termine di apostata-traditore (**), e, come aveva
notato il cristiano Turlet, non gli
aveva reso giustizia nei suoi scritti, e tutto prova, che la prevenzione non
gli faceva vedere che l'apostata e non il principe giusto, aperto, dotato di
rare qualit che i contemporanei, anche cristiani e la posterit non gli hanno
potuto rifiutare.
Il tocco finale Gregorio lo aveva dato sulla
frequentazione delle prostitute di cui aveva accusato Giuliano, che per il
carattere e personalit erano al di fuori ogni possibile dubbio, mentre
Gregorio aveva coinvolto lautorit di Ammiano, che ne era completamente
estraneo.
Infatti scriveva che per quanto riguarda le donne con le quali Giuliano viveva e lo stesso
Ammiano riconosce, si compiaceva di
avere con lui una troupe di donne e amava mangiare e divertirsi e brindare pubblicamente
con donne perdute, coprendo certe infami libert col pretesto delle cerimonie dei suoi misteri;
per non parlare delle donne e ragazze
che egli stesso sgozzava per le detestabili cerimonie della necromanzia.
Ammiano aveva scritto che dopo la morte della
moglie, Giuliano non simpacci mai pi
di amori, e dopo un riferimento a Platone secondo il quale Sofocle da
vecchio non simmischiava con femmine, riferendosi a Giuliano aveva scritto che nel
fiore della sua giovinezza fugg la macchia del vizio, che gli stessi ministri
della sua vita domestica non laccusarono, n di sospetto, n di libidine. E questa sua temperanza cresceva in lui aiutandolo quella parsimonia di
cibo e di sonno chegli osservava rigorosamente sia in pace che in guerra.
Perch in tempo di pace la misura e la pochezza del suo cibo era mirabile a
coloro che lavvicinavano; e nelle militari spedizioni vedevasi pigliare su due
piedi, un cibo scarso e vile. Quando
poi dormendo (come si gi detto,
per terra su un tappeto), aveva rinvigorito
il corpo alle fatiche indurito, visitava
i luoghi delle scorte e delle stazioni, donde
si ritraeva nuovamente ai suoi studi. Occorre aggiungere altro?
Gregorio aveva un fratello medico, Cesareo, che
era stato presso la Corte di Costanzo e quando Giuliano era divenuto imperatore,
Cesareo si era presentato a Corte e Giuliano lo aveva preso con s. Quando Gregorio
era venuto a saperlo, scandalizzato, gli aveva scritto una lettera in cui gli
diceva: Voi ci coprite di vituperio;
vorrei che sentiste quello che dicono di voi
gli uomini della nostra famiglia, i forestieri e tutti i cristiani che
ci conoscono. ... Mio padre afflitto e gli rincresce di
vivere. A mia madre non ho animo di darle questa nuova, e per tenergliela
nascosta si adoperano mille invenzioni,
perch la debolezza del sesso e lardore della sua piet la renderebbero
insopportabile. Valetevi di questa
occasione, che una pi bella di
ritirarvi non potreste avere.
La lettera ottenne il suo scopo; Giuliano che
lo stimava per lingegno e la dottrina,
fece ogni sforzo per trattenerlo, senza riuscirvi. Alla fine esclam: Oh
felice padre; oh infelici figli!, sapendo che era stato Gregorio a essergli
contrario e Cesareo si era ritirato in
esilio in Cappadocia.
Ma vediamo una volta per tutte, lorigine della
sprezzante accusa di apostata,
secondo quanto riferisce labate Fleury (in Storia Ecclesiastica).
Giuliano allet di tre anni era stato
battezzato e crescendo (avendo assistito, come abbiamo visto, alle uccisioni
compiute da Costanzo, che praticava larianesimo): Avendone timore, fingeva
sempre di esser cristiano e per
meglio dissimulare si fece radere il capo e per qualche tempo volle professare
esternamente la vita monastica. Non pot cos ben celarsi agli occhi di Gallo,
che gli mand Aezio, sofista ariano che poi divenne famoso, il quale rassicur
Gallo dicendogli che Giuliano frequentava le chiese e leggeva le memorie dei
martiri e perseverava nella cristiana religione. Dopo la morte di Gallo.
Giuliano recatosi in Grecia si confermava sempre pi nellidolatria e seguitava
a ricercare in ogni luogo, indovini e interpreti degli oracoli. Tra gli altri era
caduto nelle mani di un impostore che, avendolo condotto in un tempio, aveva invocato
i diavoli, che apparsi, spaventarono Giuliano, il quale si era segnato con la
croce ed essi scomparvero. Lincantatore si dolse con Giuliano, il quale
confess il suo spavento e il valore del segno della croce; ma lincantatore lo
riprese, dicendo che era stato lorrore della sua opera a farlo scomparire. E
fu cos che Giuliano si fece iniziare alle cerimonie pagane (355).
Giuliano dopo un anno di permanenza ad Atene,
era chiamato da Costanzo che lo nominava Cesare.
*)
Gregorio di Nazianzo aveva scritto due Orazioni
(era la forma letteraria dellepoca) contro Giuliano (V e VI), riportate nella
Collana diretta da Giovanni Reale ed. Bompiani, Il pensiero Occidentale, 2ooo; Prima e Seconda invettiva
contro Giuliano; dove alla nota 2 della
Prima invettiva detto: Questo discorso
e il successivo (V e VI), sono stati scritti
dopo la morte di Giuliano (363), avvenuta durante la sfortunata spedizione
contro limpero persiano. E stato notato da molti studiosi, che lacrimonia
presente in questo discorso e nel successivo, sono eccessivi, tenuto conto che
il nemico morto gi da tempo e il lettore avverte un certo stupore di fronte
alla interpretazione complementare negativa che Gregorio d di ogni minima
azione di Giuliano.
**) In nota 9) indicata nel testo della su
riportata nota, si riferisce che Apostata,
nel greco classico, ribelle o traditore (Polibio 5,57,4) divenuto
epiteto di Giuliano proprio grazie a Gregorio, conservando, e se possibile,
aumentando, il carico di disprezzo e di rifiuto. Il Luganesi nota che il
termine apostasia compare per la
prima volta proprio negli scritti di Giuliano. I cristiani non sarebbero che apostati del giudaismo, mentre
limperatore e i suoi non si sono abbandonati
allo spirito dellapostasia
(cfr. Giuliano, Contro i Giudei fr.3
e fr.57).
GIULIANO
NOMINATO CESARE
MANDATO NELLE GALLIE
A RESPINGERE
LE INVASIONI
N |
el
355 vi era stata una invasione delle
Gallie da parte di Franchi, Germani e Sassoni e Costanzo preso da numerosi attacchi
ai vari confini dellimpero: Sarmati e Goti avevano superato il Danubio, i
Persiani avevano invaso lOriente e i Galli si erano ribellati e Costanzo si
decise a nominare Giuliano, Cesare, il quale, come abbiamo visto, si trovava ad Atene quando
Costanzo aveva preso questa decisione.
Giuliano
entrava nel suo ventiquattresimo anno di et e giunto a Milano, un ufficiale di
palazzo si era recato da lui per togliergli
il mantello di filosofo e la barba incolta e vestirlo da Cesare, equipaggio che
non gli stava male in quanto era di
proporzioni normali e aveva il collo alquanto curvato perch il suo precettore, leunuco Mardonio, lo aveva
abituato a guardare per terra.
La
cerimonia dellacclamazione si svolgeva nella gran piazza di Milano, dove davanti
allarmata raccolta con bandiere ed aquile, Costanzo dal podio, parlando ai
soldati, chiedeva la loro approvazione sulla sua decisione di nominarlo Cesare
e i soldati mostrarono la loro approvazione battendo sulle ginocchia gli scudi
(nel caso di sdegno e dolore gli scudi erano battuti con le lance): gli occhi di Giuliano, scriveva Ammiano,
benignamente terribili e il volto, amabilmente
altero, presagivano ci che sarebbe stato nellavvenire.
Ammiano ricordava
una frase richiamata da Giuliano in riferimento al mantello di porpora indossato, che Omero aveva fatto indossare
dalla morte in alcuni versi dellIliade (che Giuliano dimostrava di conoscere a
memoria, come non era raro a quei tempi!); la frase era, la porpora della morte lo strinse in una morsa fatale, riferita al
colore purpureo (πoρφρεος) dato da
Omero al mantello indossato dalla morte; la frase, senza il resto del contesto, che riguardava la
uccisione di Ipsnore, figlio del sacerdote del dio Scamandro da parte di
Euripilo, poteva risultare oscura e ci sembrato il caso di chiarirla nella
nota (*).
Dopo
lacclamazione, Costanzo, con linteressamento dellimperatrice Eusebia che gli
donava una biblioteca e altri presenti, gli faceva sposare (era il sei novembre
355) la sorella Elena; nello stesso tempo
gli erano state assegnate molte guardie, pi che per onorarlo, in una
parola, per sorvegliarlo, aveva scritto Tillemont: pi che essere stato fatto Cesare, era stato fatto schiavo.
Rientrati
a Milano, Giuliano partiva ai primi di dicembre, con una stagione migliore di
quella che si potesse sperare in questo mese; Costanzo lo aveva accompagnato
fino a Pavia, dove gli fu riferito che la citt di Colonia era assediata, ma
tenne la notizia per s, senza riferirla a Giuliano, il quale, giunto a Vienna
del Delfinato, fu accolto con gioia dagli abitanti della citt e dei dintorni.
Giuliano
si trovava ad avere intrapreso unattivit diversa da quella che aveva seguito
di filosofo, ma era preparato sia per naturale disposizione, sia per gli studi
seguiti; aveva preso come modello MarcAurelio come legislatore e Alessandro
come guerriero; marciava con le truppe a piedi, col capo scoperto, affrontando
lincostanza delle stagioni, dormiva su una pelle messa per terra, mangiava con
i soldati e sopportava con loro la fatica e con loro partecipava agli esercizi
militari, uno dei quali era come una danza, denominata pirrica, e un giorno non aveva potuto fare a meno di esclamare: Ah! Che mestiere per un filosofo!
Quando
le truppe riposavano, Giuliano si dedicava alla amministrazione, alla
disciplina delle truppe e si preoccupava degli abusi e alla riparazione delle
ingiustizie; aveva represso le concussioni, regolava le spese e faceva ogni
sforzo per alleviare il popolo dalle imposte; dormiva poco e passava le notti scrivendo
lettere agli amici; a studiare Polibio e Cesare; a meditare i piani delle
operazioni; quando studiava larte della guerra, nuova per lui, consultava militari esperti e in poco tempo
divenne maestro in questa disciplina,
Giuliano
si mise in marcia per liberare le Gallie dalla invasione dei barbari che erano Germani,
giungendo a Autun il 24 giugno 356, proseguendo per Auxerrre, Troies, Reims e
molte altre localit che comprendevano quarantacinque citt devastate dagli Alemanni,
che depredavano uomini, bestie, grano e tutto ci che cadeva nelle loro mani, Dopo
aver liberato Colonia dalla rovina, Giuliano si era rifugiato a Sens; quivi
passava linverno, assediato dai barbari, superiori di numero, senza ricevere
alcun soccorso dal generale della cavalleria Marcello, che aveva il suo
quartiere nelle vicinanze, incaricato da Costanzo del comando dellarmata delle
Gallie.
Giuliano
si preoccup di tenere a bada i barbari che gli creavano ancora dei problemi e
attravers per la quinta o sesta volta il Reno andando contro i Franchi
Attuarii. Costanzo approfitt per mettergli contro altri nemici e spingere i
Galli contro limpero, intrattenendo segreti rapporti con il loro re Vadomero,
che spingeva contro il nuovo Cesare. Ma Giuliano lo aveva preso prigioniero e
lo aveva mandato in Spagna (357).
Limperatrice
Eusebia, sempre ben informata, faceva intanto rimpiazzare il generale Marcello
con il pi capace generale Severo, da far presentare la successiva campagna
(357) sotto migliori auspici. Costanzo aveva dato incarico al generale
Barbazione che, con un corpo darmata, doveva raggiungere lAlto Reno, per poi
congiungersi con Giuliano e mettere il nemico tra due pieghe; ma Barbazione che
conosceva molto bene le intenzioni di Costanzo, non volendo dare a Giuliano la
gloria delloperazione, si fece battere, distruggendo vascelli e viveri
destinati alla sussistenza dellarmata e se ne torn carico di obbrobrio,
calunniando Giuliano presso la Corte.
Ma
Giuliano con le flebili forze che disponeva, era riuscito a superare il
tradimento di Barbazione, riportando delle vittorie con le manovre da lui
compiute, paragonabili a quelle dei grandi capitani dellantichit, che egli stesso
aveva poi descritto in memorie andate perdute.
I
Germani, con la defezione di Barbazione, ritennero di poter affrontare il
giovane Cesare, riunirono trentacinquemila combattenti di sette diversi re, di
cui era a capo Chnodomero. Questo aveva inviato a Giuliano dei messi, invitandolo
a uscire dal paese con le truppe che, dicevano, Costanzo gli avesse dato per
combattere Magnenzio. Giuliano disponeva di non pi di tredicimila soldati e,
per evitare che i messi riferissero questa sua debolezza, li trattenne, mentre
egli andava ad affrontarlo.
Lo
scontro avvenne nei pressi di Strasburgo, dove Giuliano sterminava seimila
uomini, massacrando un pi gran numero di fuggitivi, che si precipitavano nel
Reno. Fece prigioniero il re Chnodomero che Giuliano aveva trattato con
riguardo, mandandolo con la scorta da Costanzo che lo fece trasferire a Roma,
dove questo re moriva. Costanzo aveva comunicato la vittoria allimpero, senza
per fare il nome di Giuliano; egli, dopo aver passato linverno (358) a Parigi
che aveva ribattezzato la cara Lutezia,
proseguiva nelle sue fortunate campagne
sul Reno contro i Franchi Salii e i Germani con i loro re Ortero e Suomero, che
dovettero restituire ventimila prigionieri.
*)
Nel Libro quinto (80) dellIliade detto che
Ipsnore, figlio del generoso Dolopion, sacerdote del dio Scamandro
(personalizzazione del fiume, nellIliade indicato come Scamandrio),
inseguito da Euripilo, germe (figlio) di Evemone, il quale con
un fendente gli recideva il braccio; sanguinoso il mozzo lacerato cascava nella
polvere e la purpurea morte e il violento Fato gli spensero le luci. Era questo
il lavoro del Fato nella dura battaglia! Non vi dubbio che questo triste
pensiero di Giuliano, era stato presagio della sua morte prematura, che
avveniva otto anni dopo.
GIULIANO
ULTIMO IMPERATORE
PAGANO
G |
iuliano,
di ritorno a Parigi durante la primavera (360), aveva avuto notizia della
rivolta dei Pitti e degli Scozzesi e aveva inviato in Bretannia il generale
Lupicino, mentre Costanzo, che stava subendo delle perdite in Persia, gli aveva
mandato Decenzio, Segretario di Stato, con una lettera con la quale gli comandava di mandargli in Oriente lintero corpo
darmata, che, con Giuliano, aveva conseguito tante vittorie nelle Gallie.
Decenzio
gli suggeriva di obbedire allordine dellimperatore e volle che le truppe
prendessero congedo da lui; ma le truppe tra le quali si trovavano molti Galli
e Germani, avevano accolto la notizia del trasferimento con un cupo silenzio e durante
la notte, forzando le porte del palazzo reale, si erano recate da Giuliano che
si mostrava riluttante, per costringerlo ad accettare la nomina di Augusto.
Egli
aveva poi raccontato (scriveva cit. Fleury, riprendendo dal Misopogon (*)), come riteneva di aver dovuto
accettare la nomina: Aveva infatti sognato un giovane nudo con una cornucopia, che gli aveva detto di
essere il genio dellimpero, che
gli diceva: Da lungo tempo, Giuliano
sono celato nel vestibolo della tua casa; molte volte mi sono ritirato come non
accolto; ora se tu non mi ricevi, per tante genti che per te si accordano, io
partir tristo e confuso; ma ricordati che ancora per molto tempo star teco.
Egli poi aggiungeva, spiegando, come avesse accettato la nomina: Giove, il Sole, Marte, Minerva e tutti gli
altri Dei sapevano che nessun pensiero io avevo, prima di sentir la novella
verso il tramonto del Sole. Il
palazzo era stato circondato e udii alte grida. Non avevo animo di fidarmene e
dubitavo su ci che dovessi fare. Io ero salito in una camera alta, discosta da
quella di mia moglie (che moriva durante questi avvenimenti, nellanno 360
e il suo corpo trasportato a Roma era stato sepolto sulla Nomentana ndr.). Quivi (proseguiva
Giuliano), fuori di una finestra stavo
adorando Giove e poich le grida avanzavano e tutto il palazzo era turbato,
pregai Giove che mi mandasse un presagio; ed egli ci fece, consentendomi di
lasciarmi persuadere e di non oppormi allarmata: Ma bench avessi avuto tali
segni, io agevolmente non mi arrendevo, opponendomi per quanto mi fosse
possibile.
Giuliano
non ancora si era rivelato pagano e professava di nascosto le funzioni pagane e
ne erano a conoscenza soltanto, come egli riferiva, Oribaso di Pergamo, suo
medico e un africano di nome Evemero.
Avendo
accettato la nomina, inviava a Costanzo che si trovava a Cesarea, una
deputazione con gli ufficiali Pentadio ed Eleutero, con una lettera con cui gli
comunicava la sua elezione; ma Costanzo si rifiutava di riceverla e a sua volta
inviava a Giuliano il questore Leonas, con una lettera, con la quale lo minacciava
di deporre il diadema, revocando i principali ufficiali ai suoi ordini, con
sostituzione di altri.
Il
questore fu ricevuto a Parigi da
Giuliano e alla presenza dellarmata e del popolo fu fatta leggere la lettera
inviatagli da Costanzo; quando Leonas giunse al punto in cui Costanzo tacciava Giuliano
di ingratitudine nei suoi confronti, per averlo curato quando era orfano,
Giuliano lo interruppe dicendogli: Se ero
orfano, come lo ero divenuto? Non era
stato lui il carnefice di mio padre e della mia casa a farmi trovare in quella
condizione? La piaga ancora aperta,
vuole ingrandirla?
Alla
fine della lettera, poich Costanzo gli comandava di rinunciare allimpero, e
contentarsi della carica di Cesare, Giuliano rispondeva a Leonas: Sono pronto a lasciare subito l'impero, se
chi detiene il potere lo consente; ma orribili
grida si udirono levarsi da ogni canto e confermare a Giuliano il titolo di
imperatore; cos ebbe termine l'udienza e Leonas, congedato, partiva per
l'Oriente.
Giuliano
aveva passato linverno a Vienna dove aveva avuto in sogno la visione di un
fantasma luminoso che gli aveva replicato quattro versi greci che gli annunziavano
che quando Giove fosse entrato nellAcquario e Saturno nel venticinquesimo
grado della Vergine, limperatore Costanzo avrebbe terminato la sua vita.
Giuliano
fingeva ancora di essere cristiano, in modo che tutti lo seguissero, e per non
trovare ostacoli, mentre intimamente seguiva il paganesimo con i suoi aruspici
ed auguri. Nel giorno dellEpifania (6
Gennaio 361) si era recato in chiesa dove si celebrava in Occidente e Oriente
la nascita e il battesimo del bambino Ges (il
calendario liturgico pagano prevedeva al venticinque dicembre la festa
del Sole, celebrata a Roma).
Verso
la fine dellinverno del 361, quando Giuliano aveva compiuto la sottomissione dei
barbari, Costanzo gli aveva mandato un vescovo, di nome Epitteto, il quale era
stato incaricato di promettergli che avrebbe avuta salva la vita, nel caso
avesse abdicato; Giuliano indispettito, si faceva confermare la nomina dai
soldati dellarmata di ventimila uomini, che gli prestarono un ulteriore giuramento
di fedelt, ad eccezione di Nebridio, prefetto del pretorio e creatura di Costanzo,
che Giuliano aveva avuto la generosit di sottrarre al furore dei soldati.
Egli
partiva quindi con lesercito da Parigi, dirigendosi verso lIlliria (che dalla
bassa Ungheria comprendeva tutti i Balcani), fermandosi dopo dodici giorni di
marcia a Sirmium (Sirmisch nella Bassa Ungheria), per poi dirigersi in tre
giorni ai confini con la Tracia, fermandosi a Nissa (in Serbia sulla rotta
Belgrado-Costantinopoli), da dove mandava un manifesto in Grecia e nelle
province dellimpero.
Aveva
scritto una lettera al filosofo Massimo. in cui gli diceva: Noi serviamo gli Dei apertamente e la
moltitudine delle truppe che mi seguono sono pie; pubblicamente sacrifichiamo i
buoi e offriamo agli Dei molte ecatombe per rendere grazie. Gli Dei mi
comandano che in ogni cosa io mantenga, quando posso, la purezza e a loro
volentieri obbedisco. Mi promettono ampie ricompense delle mie fatiche, se io trasando (vale a dire trascuro) me stesso.
Costanzo,
dalla Persia, in guerra contro il re Sapore, era rientrato alla fine dellautuunno
e stava per recarsi a Costantinopoli quando, giunto a Tarso, fu assalito da una
febbricola (361) e nei pressi di
Mopsucena, ossia fontana di Mopso, Dio della Cilicia, celebre per
gli Oracoli (ai piedi del monte Tauro, nella estremit della Cappadocia).
Sentendosi vicino alla morte, volle essere battezzato, avendo sempre rinviato il
battesimo, che gli fu somministrato dal vescovo ariano Euzojo di Antiochia, che
i cristiani ritenevano setta ereticale,
in quanto non riconoscevano la sacralit di Cristo (i popoli germanici erano
pi portati verso questa forma di cristianesimo, considerando in Ges la sola
natura umana).
Costanzo
poco dopo moriva (361), a quarantaquattro anni dopo aver regnato per trentanove
anni; la sua morte era stata preceduta lanno precedente da una eclissi di sole.
Dopo la morte della moglie Eusebia, aveva sposato Faustina, morta dopo aver
dato alla luce una bambina, Flavia Massima Costanzia, che sar data in moglie
all'imperatore Graziano.
Le
armate di Costanzo, di Roma e Costantinopoli riconobbero allunanimit Giuliano, che si diresse a Costantinopoli dove,
nella chiesa dei santi Apostoli furono fatte le esequie allimperatore defunto.
Finalmente
padrone del trono imperiale Giuliano si dedicava alla riforma degli abusi e a
perseguire i delatori che avevano provocato tante uccisioni durante il regno di
Costanzo.
Organizzava
una Camera di giustizia (tribunale) in
Calcedonia e i primi ad essere processati furono il console Tauro e il suo
collega Fiorentino, addetto alla prefettura della Gallia e adulatore di
Costanzo, colpevoli di concussione, condannati a morte in contumacia, con un
altro Fiorenzo, confinato in unisola della Dalmazia. Un generale consenso aveva
avuto la condanna delleunuco Eusebio, schiavo del defunto imperatore, che si
era reso colpevole di orribili eccessi; seguirono la stessa sorte Apodemo e il
notaio spagnolo Paolo soprannominato Calena, delatori e assassini per ordine di
Costanzo (**). Ammiano rimproverava a Giuliano la morte del gran tesoriere
Ursulo, che non riteneva colpevole, ma la sentenza era stata decisa dal
tribunale di Calcedonia.
Il
nuovo imperatore aveva sostituito Fiorentino con il prefetto Mamertino con il
quale le finanze, con la penuria del tesoro che era stato sofferto durante il
regno precedente, erano state spossate; e, non solo le province galliche, ma
quelle dellIlliria, della Dalmazia, della Macedonia e del Peloponneso, avevano
recuperato lantico splendore con le risorse di ogni genere e tutti gli
elementi della pubblica prosperit che affluivano da ogni parte, senza il
bisogno di nuovi tributi.
Giuliano
riformava inoltre tutte le cariche di palazzo e riduceva gli enormi emolumenti
distribuiti a Corte tra coloro che occupavano le cariche; un giorno aveva fatto
chiamare il barbiere e si era presentato il barbiere di Costanzo,
magnificamente vestito; Giuliano meravigliato, disse di aver chiesto un
barbiere non un senatore; avendo chiesto informazioni, gli dissero che riceveva provvigioni per venti bocche e
altrettanti cavalli e ampio salario
annuale, oltre alle gratificazioni. Giuliano mandava via barbieri e cuochi;
vi erano infatti mille barbieri e
altrettanti cuochi; il numero di
coloro che mescevano e servivano a mensa era anche maggiore (i numeri sono indicati
da Fleury e non da Ammiano e sembrano eccessivi!); e principalmente gli eunuchi
che con Costanzo erano divenuti numerosi e il modo di vivere eccessivo, per
vesti doro e di seta, come per le delicatezze della tavola; molti ufficiali della
Corte erano accusati di essersi arricchiti spogliando i templi pagani.
Ma
ora la Corte presentava un aspetto misero e Giuliano lo aveva reso un centro di
filosofi, maghi e indovini (ma i suoi accusatori cristiani, come vedremo,
peggioreranno le descrizioni!); aveva scritto al filosofo Massimo, che si trovava in Asia assieme a Crisanto,
invitandoli a recarsi a Costantinopoli; essi chiesero consiglio agli Dei, ma
ebbero cattivi presagi; spaventato Crisanto disse a Massimo che non aveva in
animo di morire, ma preferiva nascondersi sotto terra. Massimo gli rispose che
aveva dimenticato la dottrina appresa: non
debbono i perfetti elleni cedere a ci che sincontra per prima, ma forzare la
natura divina che venga ad essi. E Crisanto rispose: forse tu hai in animo e potere di farlo;
quanto a me, con questi segni, non mi azzarder, e ci detto, and via.
Massimo
invece partiva e ovunque passasse, era accolto dal popolo con in testa i
magistrati e le donne si affaticavano nelle gentilezze verso la moglie. Quando
giunse a Costantinopoli fu ben accolto dallimperatore e insieme sacrificavano agli
Dei per avere consigli, non solo di giorno, ma anche di notte; ci che aveva apportato
un cambiamento in Giuliano che era divenuto
pi acerbo e difficile, nel senso che si era maggiormente compenetrato
nella sua carica imperiale. Crisanto era stato nuovamente invitato e avendo
avuto cattivi presagi, anche questa volta aveva rifiutato. Egli dimorava a
Sardi e limperatore lo nominava pontefice della Lidia e nominava la moglie,
sacerdotessa.
Fleury
(che attinge da Ammiano) ci fa sapere che quando Giuliano era stato nominato
Cesare, Costanzo gli aveva fatto radere la barba, secondo luso dei romani; ma
da imperatore laveva fatta ricrescere, come si vedeva dalle sue medaglie; in
quelle in cui era indicato come Cesare era senza barba; e nella maggior parte
di quelle in cui era indicato come Augusto aveva la barba lunga (e a punta come
gli piaceva portare) quanto poteva avere un uomo di trentanni.
Egli
amava considerarsi greco (tutti i suoi scritti erano in greco) e mirava a
restituire lellenismo alla sua
perfezione, vale a dire i costumi degli antichi greci e particolarmente la loro
religione, in quanto il nome elleno
indicava la religione pagana, tanto tra cristiani quanto tra pagani.
Sentendosi
ora padrone, si era dedicato alla cura dei templi, restaurando o riedificando
quelli danneggiati o distrutti; ricostituendo la classe sacerdotale dei gerofanti e sacrificatori, nelle varie citt; ad essi richiedeva losservanza
dellastinenza di alcune carni e le prescritte purificazioni; la curiosit lo
spingeva ad assistere alle cerimonie degli aruspici e allesame delle viscere.
Giuliano
aveva fatto porre nella basilica di
Costantinopoli la statua del Dio della Fortuna e il vescovo cristiano di
Calcedonia, Maris, si era lamentato di questa empiet; ma questa era la
religione di Omero, seguita dai greci e poi dai romani da oltre tremila anni!
Giuliano adorava anche gli Dei egizi, in particolare Serapide, Iside e Anubi,
come era rappresentato nelle medaglie, dove lo si vedeva sotto limmagine di
Serapide, con lo staio sul capo e di lato la moglie Elena sotto quella di
Iside.
*) Misopogon
(Nemico della barba): satira indirizzata agli abitanti di Antiochia (raffinata
citt dellOriente) che a causa di un editto imperiale riguardante lannona,
avevano sfogato il loro malumore contro limperatore con delle pasquinate. E
Giuliano aveva colto il destro per irriderli con eleganza come lussuriosi,
presuntuosi che si radevano la barba, ci che costituiva per i filosofi, che la
lasciavano crescere, sintomo di mollezza
dei costumi; la satira era piccante
in quanto metteva in evidenza il contrasto di costumi di Giuliano con quelli
del popolo di questa citt, contrapposta alla Lutezia dei Celti (vale a dire Parigi).
**)
Questi particolari sono riferiti per dare unidea di come si svolgeva
lamministrazione della giustizia nella vastit dellimpero, che raggiungeva i
colpevoli ovunque si trovassero.
GIULIANO
AIUTATO DAI
DEMONI E
LE ASTIOSE INSINUAZIONI
DEI SANTI GREGORIO
E CRISOSTOMO
G |
iuliano
trovandosi ad Atene verso la met del 355,
aveva conosciuto Gregorio e Basilio che vi si trovavano per studiare e
studiava con Basilio (il pi tollerante degli amici santificati!) non solo lettere profane, ma anche lettere
sante e le sacre Scritture, non facendo apparire apertamente di non avere
predisposizione per la religione cristiana, ci che non impediva a Gregorio, di
temperamento pi astioso, di aver avuto una chiara repulsione, verso Giuliano, sul
quale si esprimeva in questi termini: Non ho la pretesa di essere un indovino, ma
ritengo che non possa attendersi nulla di buono da questo giovane principe in cui vedo una
testa sempre in movimento, delle spalle continuamente penzolanti e agitate, un
occhio smarrito, uno sguardo fiero e infiammato di furore, unandatura
barcollante e senza consistenza, un naso che
non evidenzia che insolenza e disprezzo per gli altri, un'aria del viso
beffarda e sprezzante, un riso eccessivo e immodesto, una parola esitante e
improvvisamente interrotta; delle interrogazioni sregolate e impertinenti e
delle risposte che non valevano di pi, imbarazzate le une nelle altre e che
non solo non sostenevano niente e non avevano n metodo n ordine. Se avessi
qui qualcuno di quelli con cui allora mi trattenevo, potrei rendere questa
testimonianza delle cose che ho detto e
aggiungo: Qual terribile mostro ha nutrito lImpero Romano? Piaccia a Dio che
io sia un falso profeta.
Ecco, commentava Tillemont che, essendo anchegli di
stretta osservanza cattolica, sosteneva Gregorio; come giudicava allora Giuliano chi aveva pi cervello del comune. La
folla degli altri ammiravano qualche capacit che egli aveva per leloquenza,
con unaria di modestia e dolcezza (alla quale obbligava parecchio lo stato
della fortuna). Tutti gli correvano dietro, filosofi, retori ed altri; ma come
diceva Libanio con parecchia verit, i demoni lo guardavano con un piacere tutto particolare, non potendo ignorare i
suoi disegni e la disposizione del suo
cuore di cui essi erano gli autori. Egli apriva il suo cuore a qualcuno degli
amici pi intimi e con dolore diceva di vedere lidolatria nello stato in cui
era e prometteva che quando ne avesse
avuto la possibilit egli non avrebbe mancato di cercare di sollevarla. E, come
riferisce Libanio, faceva segretamente sacrifici per ottenere la porpora, che ottenne poco
tempo dopo.
Era stato ad Antiochia, aveva scritto Gregorio, che Giuliano. aveva commesso le sue crudelt e aveva dato sfogo ai
suoi vizi; il fiume Oronte era pieno di cadaveri di quelli che aveva fatto
uccidere durante la notte e inoltre
molti posti fuori del palazzo, fossi, cave,
pozzi, stagni erano tutti pieni di coloro che aveva martirizzati nel nome di
Ges Cristo, o di gran numero di ragazzi e ragazze sacrificati nei suoi
detestabili misteri e alla curiosit che aveva di conoscere l'avvenire con la
necromanzia; dopo la sua morte erano
stati trovati nel palazzo forzieri e
pozzi pieni di teste e di corpi di morti.
A
Gregorio di Nazianzo si univa un altro nemico di Giuliano, Giovanni Crisostomo
che non accettando la diversit religiosa di Giuliano, si lasciava andare a descrizioni
denigratorie sulla sua Corte (riportate da Tillemont): Con una folla di filosofi, maghi, gente perduta delluno e dellaltro
sesso; e quando Giuliano aveva pubblicato il suo editto per il ristabilimento
dellidolatria. si era visto accorrere da tutte le parti del mondo, maghi,
incantatori, indovini, auguri e tutti coloro che facevano mestieri dimpostura
e di illusione. Di sorta che tutto il palazzo si trovava pieno di gente senza
onore e di vagabondi, di coloro che si erano ridotti allultima miseria, quelli
che per stregoneria e con i malefici avevano languito nelle prigioni e nelle
miniere e coloro che a malapena tiravano la vita miserabile nei lavori pi
bassi e pi vergognosi, tutta gente che si dedica al sacerdozio (intendendo
i sacerdoti pagani) e pontefici che si
trovavano, in un istante, tutti, insieme.
E
Crisostomo continuava con tono spregiativo:
limpostore lasciava i generali e i magistrati con i quali disdegnava di
parlare, per accompagnarsi nelle passeggiate in citt con i giovani perduti
debosciati, cortigiane che uscivano dai luoghi infami della loro prostituzione.
I cavalli dellimperatore e le guardie non lo seguivano che da lontano in
quanto questo truppa infame della prostituzione circondava la sua persona e
sembrava che fosse il primo rango donore in mezzo alle pubbliche piazze,
dicendo e facendo tutto ci che si pu ottenere da gente di questa professione.
Sulle
accuse di Gregorio di Nazianzo a Giuliano, di aver fatto strage di cristiani, sappiamo
che, come riferisce Ammiano, appena eletto, aveva annullato tutte le
disposizioni emanate da Costanzo contro i cristiani, ritenute crudeli e
ingiuste, richiamando coloro che erano stati banditi (particolarmente i
vescovi) per motivi religiosi, restituendo facolt confiscate e concedendo (con
leditto del 4.2.632) a tutti la libert di seguire la propria religione. Ma
Gregorio sosteneva che questi provvedimenti fossero fatti per ingraziarsi le
popolazioni (cit. Fleury)! E che si trattasse di una sottigliezza appositamente usata da Giuliano, per accrescere le
discordie, precisando: Questo modo
di procedere, ritenuto apparentemente benigno era preordinato da Giuliano per
accrescere le discordie tra gli stessi cristiani (appartenenti alle
diverse credenze, cattolici, ariani ecc.). Purtroppo il fanatismo acceca anche
i santi !
LA PROMESSA DI
RICOSTRUZIONE DEL
TEMPIO
LA RELIGIONE
POLITEISTA
DIVENTA
MONOTEISTA E
MORTE
DELLIMPERATORE
L |
'imperatore
era rimasto pagano e come abbiamo visto, in precedenza, si era votato al cristianesimo
per evitare di fare la fine che Costanzo, aveva fatto fare al padre e al fratello Crispo e
agli altri familiari.
Giuliano
si era potuto finalmente rivelare convinto pagano, suscitando, come abbiamo
visto, lodio di Gregorio di Nazianzo, mentre avrebbe meritato il rispetto di
chi fosse dedito alle osservanze religiose, che i cristiani avevano combattuto anche
con il disprezzo e con la guerra psicologica della denigrazione.
Giuliano
non aveva mosso persecuzioni ai cristiani, salvo leditto (17.6.362) col quale
vietava agli insegnanti cristiani, linsegnamento della retorica, che
apparteneva alla tradizione classica e gli insegnanti cristiani non potevano
propagandare dei valori nei quali non si credeva. Divieto che, come aveva scritto Montaigne
(Saggi), Ammiano gli aveva aspramente rimproverato; mentre proteggeva
particolarmente i giudei, nemici dei galilei
(cos nominava i cristiani), dai quali ferocemente erano perseguitati.
Giuliano
aveva promesso ai giudei che avrebbe ricostruito il loro Tempio di Gerusalemme
ed era sorta una polemica sulla circostanza che i lavori, dopo essere stati
iniziati, fossero stati interrotti a causa della apparizione di globi di fuoco e non erano pi proseguiti; e
limperatore era stato accusato dai cristiani ad aver voluto la loro interruzione; in effetti i
lavori erano stati interrotti ma a causa di un terremoto non disgiunti da fenomeni
vulcanici, di cui a quei tempi non si conoscevano le cause.
Il
famoso Tempio, era stato completamente
distrutto quando Vespasiano (9-79), nellanno 70, e Tito (39-81) nellanno 79,
avevano posto l'assedio a Gerusalemme. Giuliano aveva affidato i lavori per la
ricostruzione ad Alipio di Antiochia,
che era stato prefetto della Bretannia, il quale aveva dato inizio ai
lavori, ma (ai primi dellanno 363) era intervenuto un terremoto, che aveva
finito di distruggere ci che rimaneva di Nicomedia, i cui effetti si erano
avvertiti a Nicea e Gerusalemme.
Inoltre
si diceva che a Gerusalemme fossero apparse delle sfere di fuoco, e, come si
verifica in questi casi, vi era chi aveva
visto delle croci, brillanti come largento che impregnavano gli abiti e n
lacqua n il ferro riuscivano a togliere, ritenuti prodigi mandati dal cielo;
ma era anche intervenuta la morte del sovrintendente alle finanze, Felice, e i
lavori per questi motivi non erano stati ripresi e non, come accusavano i
cristiani, addossando la colpa allimperatore.
Giuliano
aveva ristabilito le cerimonie del culto pagano, ritenute lussuose, riproponendo i templi degli dei e riorganizzando il loro
culto: ci che aveva suscitato la ingiustificata astiosa reazione dei cristiani
(dal momento che ognuno avrebbe potuto seguire i proprio culto,
Giuliano
aveva disposto la celebrazione delle feste pagane; egli stesso esercitava le funzioni
di pontefice massimo e si atteneva
con puntualit alle prescrizioni votive, osservandole quotidianamente. Labate
Fleury, ironizzava sulla circostanza che Giuliano invocasse Minerva e sacrificasse
il sangue agli dei e gli storici cristiani (che ritenevano di
cancellare il suo ricordo distruggendo le sue opere (*)),
consideravano patetiche queste
manifestazioni, che pur erano espressioni di religiosit, ispirate dallamore
per la religione da essi praticata, come vedremo pi avanti.
Sul paganesimo osserviamo che dai cristiani era
stata condotta, come gi accennato, una lotta psicologica, che mirava a presentare
il culto praticato in maniera distorta, distruggendolo col disprezzo, con particolare
riferimento alla idolatria, ossia alla adorazione degli idoli e di esseri viziosi e
abominevoli, che non era tale, in quanto le statue non erano che la
rappresentazione degli dei, come poi avverr con i cristiani per le immagini,
da cui era scaturita la lotta iconoclasta
(v. in Art. I mille anni ecc.). Il culto pagano aveva invece i suoi sacerdoti
le sue funzioni, le sue preghiere, le invocazioni agli dei per i miracoli richiesti,
che si riteneva si verificassero, come avverr per i cristiani.
Con
il passaggio dal politeismo al monoteismo, il cristianesimo si era trovato a sostituire linvocazione agli dei, con quelle ai
santi; a sostituire al sacerdozio pagano, quello cristiano; le feste pagane, poco
per volta erano state sostituite da quelle cristiane, come il culto della
Madonna, derivante da quello della Dea Cibele, la Grande Madre o il culto di
Iside, rappresentata con il bambino; comprese anche le feste natalizie: noto
che il Natale non corrisponde a quello della nascita reale di Ges, il cui culto
era stato anche preceduto dal culto riservato alla nascita di Dioniso (**).
Come
aveva ritenuto Giorgio Ghemisto Pletone (v. in Schede F. Polemiche umanistiche ecc.); nelle religioni vi era stata evoluzione, per cui dal politeismo che
praticava il culto agli dei, si era passati al monoteismo, con il culto per un
solo Dio; per cui dalla religione pagana, per evoluzione, si era passati alla
religione cristiana che aveva introdotto il Dio unico, istituito da Mos nella
religione ebraica (***), dalla quale si era staccato il cristianesimo, con la
secolare lotta contro gli ebrei, che era stata altrettanto atroce.
Il
monoteismo di Mos era stato elaborato dal cristianesimo, che lo aveva reso pi
complesso con lintroduzione del principio trinitario (Dio, Uno e Trino); mentre
le cerimonie, le cene qualificate sacre con lofferta del vino, i riti in cui
si usava lincenso (ritenuto purificatore), i sacrifici pagani, erano stati sostituiti
dal sacrificio della messa e il sacrificio delle offerte degli animali e del
sangue e del vino agli dei, sostituiti dalla comuniome del pane (o dallostia)
e del vino, che costituivano il corpo e sangue di Cristo; il mito della mela di Afrodite era divenuto il frutto proibito del Paradiso Terrestre
(****); luso dellincenso purificatore era perpetuato anche nelle cerimonie
religiose dei cristiani.
La
lotta per laffermazione del cristianesimo che si poneva come la vera religione era stata cruenta (*****):
e, non possiamo non ricordare la crudelt alla quale era stato fatto ricorso, circa
mezzo secolo dopo lepoca di Giuliano, nei confronti di Ipazia (******),
dal vescovo Cirillo di Alessandria (370-444), anchegli santificato, che aveva assunto
dei malviventi per farla massacrare.
I
cristiani, che si fondavano sui principi della piet, predicata (come
aveva scritto Gregorio nel secondo discorso contro Giuliano, dobbiamo vincere i pagani con la dolcezza,
rendiamoli pi umani col nostro esempio), non solo non si erano sottratti
alla lotta cruenta contro i propri
nemici, ma avevano fatto anche ricorso alla denigrazione psicologica, vale a
dire, come abbiamo visto, al disprezzo
della religione pagana, accusata della adorazione
degli idoli e delle pietre (in riferimento alle statue!).
Ma,
come apprendiamo da Giuliano (nella Lettera
a un pontefice pagano), la religione pagana aveva la stessa organizzazione rituale, che poi
sar recepita dalla religione cristiana: aveva infatti la fede nella Provvidenza, i preti,
ministri e servitori degli dei che, scriveva Giuliano, devono essere onorati, anche
quelli dei nemici, perch essi pregano e fanno i sacrifici per noi. Il prete, egli scriveva, ha
diritto al nostro rispetto e ai nostri omaggi; anche un re accoglie rispettosamente il prete del nemico; e se il prete
un cattivo prete, spogliamolo
del sacerdozio e lasciamolo da parte;
ma quando sacrifica, quando immola,
quando in contatto con gli dei, consideriamolo come privilegio degli
immortali e saremo penetrati da una piet verso di lui di una pia venerazione;
un pontefice, aggiungeva, deve essere onorato come un magistrato, come
stato detto dalloracolo di Didime (Apollo).
Le statue e i templi, precisava Giuliano rappresentano gli dei: se si onorano i preti destinati a
rappresentarci come ministri e servitori
degli dei, lo sono anche i templi e le
statue che li rappresentano.
Per lanima, che Giuliano, come puro
platonico, considerava immortale,
egli diceva che lamore sopratutto
dell'anima umana per la sua vicinanza e affinit agli dei pi facilmente e
intimamente penetrata dai loro sguardi. Non si direbbe che sia un
cristiano a parlare?
Lanima, incorporea ed eterna era stata la grande scoperta e rifugio dellUomo
il quale nella vita terrena avrebbe goduto di un periodo di tempo limitato,
mentre il mondo dello spirito che egli aveva creato, al di l di ogni ombra di
raziocinio che doveva essere annullato ricorrendo
alla cieca fede, gli concedeva il
godimento della eternit (che per noi moderni che ora stiamo avendo conoscenza di
come sia fatto lUniverso, che tutto trasforma, possa apparire
assurda quanto improbabile); ci
che aveva avuto il merito di dare alluomo
la possibilit di non aver timore della morte, ma di andarle incontro
con gioia e letizia.
Gli
esempi sarebbero infiniti, prendiamo quello di Tommaso Moro (v. Art. Lepoca dei Tudor), che era andato
incontro alla morte con letizia; quando stava per essere decapitato, aveva
detto al suo custode, sir Thomas Kingston,: Non angustiatevi sir Kingston, state sereno, che pregher per voi e vostra
moglie, perch possiamo ritrovarci insieme in Paradiso ed essere eternamente
felici; e ( nello stesso art.), si legga con quanta fede era andata
incontro alla morte la regina Maria Stuarda, che aveva avuto una morte estremamente
straziante.
E
sulla eternit e immortalit dellanima Giuliano, moribondo si era trattenuto serenamente
con i suoi amici filosofi Massimo e Prisco.
Sulla
morte di Giuliano ferito da un dardo, durante uno scontro con i persiani non si
era potuto sapere molto perch un forte vento o una tromba daria non aveva
permesso di vedere ci che effettivamente fosse successo; ma erano emerse tante
invenzioni che non possono esser prese in considerazione.
Gregorio
aveva scritto che quando era stato ferito,Giuliano si fosse rivoltato contro
Cristo, dicendogli: hai voluto il mio sangue, eccolo! Invenzioni denigratorie che tradivano i
cattivi sentimenti nutriti verso Giuliano, non certamente cristiani; ci
atteniamo a ci che era effettivamente accaduto.
Era
il mese di giugno e Giuliano era partito
con lesercito, per la campagna contro i persiani a causa della guerra iniziata
da Costanzo, e, probabilmente per il caldo, non aveva indossato la corazza e
aveva il solo scudo; era stato chiamato dallavanguardia, che aveva avuto uno
scontro con i persiani (che in guerra facevano uso degli elefanti) ed era
giunto quando i persiani con i quali si
era scontrata lavanguardia, erano stati respinti. Mentre Giuliano si trovava nella mischia un vento violento che aveva coperto
di tenebre laria e aveva annebbiato la vista e non si era visto chi fosse
stato; si era ritenuto (Tillemont) fosse stato un Saraceno della parte persiana;
ma vi era stato chi aveva ritenuto fosse stato una delle sue guardie; il re
persiano aveva promesso grandi ricompense, ma nessuno si era presentato.
Fu
portato nella sua tenda, mentre chiedeva armi e cavallo per tornare a
combattere; perdeva sangue e forze e fu trattenuto e steso sulla pelle di leone
dove era solito dormire, assistito dal suo fedele medico Oribaso.
Aveva
chiesto il nome del posto dove era caduto, perch gli era stato detto che
sarebbe morto in un posto denominato Frigia, che egli pensava fosse la
regione dellAsia minore. Gli era stato riferito che quel posto era denominato
con quel nome e si rese conto che era giunto al termine della sua vita.
Giuliano laccettava stoicamente, con fermezza danimo e tranquillit di
spirito, ritenendo di andare a unirsi al cielo e alle stelle; aveva trascorso
il tempo che gli rimaneva, parlando della nobilt dellanima e della sua
immortalit.
Aveva
detto, infatti, agli amici che lo circondavano, La natura riprende ci che mi ha prestato ed io lo rendo, con la gioia
del debitore che si acquieta e senza il dolore o il rimpianto che la maggior
parte degli uomini crede inseparabili dallet in cui sono. La filosofia mi ha
convinto che lanima non sia veramente felice che quando sia liberata dai
legami del corpo e dovrebbe piuttosto gioire che affliggersi, quando la nostra
parte pi nobile si stacca da quella che lha degradata e avvilita. La mia
riflessione che gli Dei hanno sovente mandato la morte a persone degne, come
la pi grande ricompensa che possa coronare la virt. Io la ricevo a titolo di
grazia. Essi vogliono risparmiarmi le difficolt che senza dubbio, mi avrebbero
fatto certamente soccombere o commettere qualche azione indegna di me. Muoio
senza rimorsi perch sono vissuto senza
commettere crimini, sia nel periodo delle mie disgrazie, quando ero stato allontanato
dalla Corte ed ero stato confinato in luoghi oscuri e lontani, sia dopo,
quando ero stato elevato al potere supremo. Ho rispettato il potere di cui ero
stato rivestito, come emanazione della potenza divina. Credo di essermi
mantenuto puro e senza macchia, governando con dolcezza i popoli che sono stati
affidati alle mie cure, non dichiarando, n sostenendo guerre, se non con buone
ragioni. Se non sono riuscito che il successo, in
ultima analisi, non dipende che dalla buona disponibilit degli Dei. Persuaso
che il benessere delle persone sia il fine di ogni governo giusto, ho detestato
il potere arbitrario fonte fatale di corruzione dei costumi e la rovina degli
Stati. Io ho sempre cercato delle vie pacifiche, voi lo sapete: ma nel momento in cui la patria mi
ha fatto sentire la sua voce e mi ha comandato di correre ai pericoli, io ho
obbedito agli ordini assoluti di una madre. Nel momento in cui si presentato il pericolo lho affrontato con
piacere. Da molto tempo mi era stato predetto che sarei morto di morte
violenta. Cos ringrazio il Dio sempiterno (Sempiternum veneror Numen), di non
aver permesso che perissi sia per una
cospirazione, n a causa di una lunga malattia, n per la crudelt di un tiranno.
Adoro la sua bont avuta su di me,
togliendomi dal mondo con un glorioso trapasso, durante una corsa gloriosa; a voler ben giudicare delle cose, sarebbe ugualmente
una vilt augurare la morte quando il momento di vivere o respingere la vita
quando tempo di morire. Le mie forze mi abbandonano: non
posso pi parlare con voi. Quanto allelezione di un imperatore mi guardo bene
dal giudicare la vostra scelta:
la
mia potrebbe mal cadere e forse perderei se non seguita da colui che avrei
designto. Mi auguro di
essere sostituito da un degno successore.
Il
calore col quale aveva parlato lo aveva affaticato e chiese dellacqua fresca e
dopo averla bevuta spirava; era la notte del venti giugno dellanno 363 e
mancava poco al compimento del trentaduesimo anno di et; come imperatore, aveva regnato solo ventun
mesi; con lui si estingueva la dinastia di Costanzo Cloro (cos detto dal
colore della pelle). Il suo corpo era stato portato Tarso in Cilici, dove aveva
chiesto di essere sepolto.
Al
mattino seguente gli ufficiali si riunirono per eleggere il nuovo
imperatore, e avevano scelto Gioviano,
figlio del conte Varoniano che, pur non facendo parte dellordine dei generali,
era conosciuto ed apprezzato per la sua presenza e per il suo coraggio.
Era
cristiano e scrisse subito ai governatori delle province che le persone si raccogliessero nelle chiese; mentre i pagani si nascondevano,
i filosofi deponevano il loro mantello (in greco tribonion e in latino pallium),
segno della loro professione e indossarono labito comune. Gioviano provvide
inoltre a rimettere la croce sul labaro; rese limmunit alle chiese, al clero,
alle vedove e alle vergini; rinnov tutto quello che aveva fatto Costantino e i
suoi figli in favore della religione; ordin che le chiese conservassero la
fede di Nicea, in tutta la sua purezza, dando ad Attanasio lordine di scrivere
esattamente la dottrina in cui si dovesse credere (in particolare relativamente
alla natura del Figlio che gli ariani
sostenevano essere stato creato, e che fosse simile al Padre o a Dio, mentre
Nicea riteneva che il Figlio vero Dio,
consustanziale, vale a dire vero Figlio, nato da vero Padre e con lo Spirito
Santo costituisce la santa Trinit che una sola divinit (cit. Fleury).
E
la religione cristiana riprese definitivamente il suo cammino per la sua
affermazione, non solo con la predicazione, ma (lo scriviamo per motivi storici
senza alcuna ombra denigratoria! ndr)
con la persecuzione degli ebrei, le stragi della crociata contro gli albigesi
in Provenza, la guerra tra cristiani e protestanti in Germania, le torture e le
esecuzioni del triste periodo della Inquisizione
nei secoli che seguirono.
*)
In Julian empereur, defense du paganisme, tradotto dal greco
in francese dal marchese dArgens, Berlino 1758, 2.voll., con dedica a
DAlambert, il traduttore (in Prefazione), spiega che Giuliano aveva scritto
tre testi Contro i cristiani e solo
uno di essi si era salvato nella sua interezza per essere stato ultilizzato da
san Cirillo nella diatriba contro Giuliano. L'opera di Giuliano, prosegue il
traduttore, ebbe successo nell'impero per la natura del soggetto e il rango
dell'autore; un tale scritto avrebbe potuto capovolgere la religione cristiana
stabilita da Costantino, se Giuliano fosse vissuto pi a lungo. Questa preziosa
opera di Giuliano, aggiungeva, sarebbe scomparsa con le altre due, se il
vescovo Cirillo, quarant'anni dopo la sua morte non avesse conservato molti dei
frammenti oggetto delle sue refutazioni.
Laltro testo di Giuliano, sulla Difesa del paganesimo, contiene le sue riflessioni
sui dogmi della religione cristiana.
**) I
misteri di Dioniso di Reinhold Merkelbach, Egig 1991.
***)
Chi aveva scoperchiato il vaso di Pandora, era stato Sigmund Freud il celebre
psicanalista ebreo, con il suo libro su Mos
e il monoteismo.
Non
bisogna dimenticare che il biblico Mos, che lo facevano parlare familiarmente
con Dio, figura leggendaria; ritenuto infatti sacerdote egizio, aveva
introdotto il monoteismo sulle orme
del faraone Akhen-Aton (padre di
Tutankamon), che aveva istituito il monoteismo con il Dio unico Aton, il Sole, eliminando tutti gli dei egizi; ma era stato
combattuto dai sacerdoti, che alla sua morte avevano cancellato ogni sua
traccia (ed anche le tracce del giovane Tutankamon!), reintroducendo il
politeismo. Mos che sarebbe stato sacerdote egiziano aveva seguito il
monoteismo iniziato da Akhenaton, trasmettendolo agli ebrei, che non avevano
alcuna nozione relativamente allanima e alla sua immortalit.
Prima
di Platone gli ebrei non conoscevano il problema dellimmortalit dellanima
elaborata da Platone dopo essere stato in Egitto (ma prima degli Egizi erano
stati gli Indiani a creare il favoloso mondo dello Spirito, che alleviava una
parte dellumanit credente, dallorrore della morte), dove aveva seguito i
sacerdoti egizi che consideravano la morte come un passaggio verso leternit.
Per
avere unidea di questa eternit, basta far ricorso allastrofisica, e alle
scoperte delluniverso che si stanno facendo con nuovi telescopi (v. le due
Schede sulla Creazione delUniverso) che
ci danno appena lidea di ci che possa essere leternit, fatta di miliardi di anni (la galassia pi distante da
noi si trova a otto mld. e mezzo di anni luce, vale a dire che la sua luce ha impiegato otto mld. e mezzo di
anni, alla velocit della luce, per arrivare fino a noi e quindi sappiamo solo
comera otto mld. e mezzo di anni fa, durante i quali tutto si distrugge e si
trasforma ... ad esclusione dellanima che dovrebbe resistere a tutte le
esplosioni e vagare nelluniverso con le stelle!
Dellanima,
nei libri che parlano di Mos, non fatta alcuna menzione in quanto per gli
ebrei tutto era temporale. Essi ne avevano preso conoscenza solo sotto i
tolomei e mentre la setta dei Sadducei rigettava queste idee, quella dei
Farisei laveva deturpata con la metempsicosi e al Dio di Mos erano seguite le
elaborazioni che erano giunte alla Trinit.
Con
il cristianesimo infatti, le dottrine cristiane erano state elaborate dai Padri
della Chiesa relativamente ai due fondamenti dellanima immortale, trattata da
Platone (e non solo!), e della venuta
del Messia, divenuto il Figlio di Dio, che aveva dato
luogo alla elaborazione della Trinit. Infatti al monoteismo mosaico del Dio
unico si era dovuto aggiungere il Figlio, venuto sulla Terra per redimere
lUmanit, e si era dovuto far ricorso allo Spirito Santo per giungere alla
Trinit, che costituiva la perfezione Trinitaria.
Questa
aveva determinato laccusa da parte dei musulmani, di politeismo dei cristiani,
mentre in seno al cristianesimo aveva portato non solo a scissioni (sorte sulla
natura, divina o umana di Cristo, come
abbiamo visto nellarianesimo), ma alla secolare polemica del filioque, (v. in Art. I mille anni
dellimpero bizantino ecc.) con i cristiani ortodossi dOriente, che si
ritenevano i veri depositari del cristianesimo.
*****)
Il mito della mela di Afrodite, diveniva il frutto proibito ad Adamo ed Eva,
nel paradiso Terrestre. La dea Discordia aveva lanciato una mela destinata ad essere accordata alla
pi bella delle tre dee, Era, Atena e Afrodite; Zeus aveva ordinato a Ermes di
condurle tutte e tre sul monte Ida nella Troade, per essere giudicate da Alessandro (che poi
sar conosciuto come Paride). Le tre dee si disputano vantando la loro bellezza
e promettendogli dei doni, Era gli offriva la monarchia universale; Atena
linvincibilit il guerra; Afrodite gli prometteva la mano di Elena; fu scelta
lei, che fu allorigine della guerra.
*****)
Come daltronde e purtroppo, sono le
religioni, basti ricordare la guerra condotta dagli israeliani contro Hamas, in cui coinvolta lintera
popolazione palestinese (che ha il torto di non sapersi dare un proprio governo,
affidandosi ad Hamas, che la utilizza come carne da macello!), nella quale crea
gli orfani, che saranno i futuri estremisti, con la conseguenza che dei due popoli di cui si sempre parlato,
con le stragi compiute da Netanyahu, di popoli ne rimarr uno solo.
Non
parliamo della destabilizzazione operata dallIslam nel resto del mondo.
******) IPAZIA LA
FILOSOFA
O |
rnamento del suo
sesso per la sua bellezza, le sue virt, le sue conoscenze e per la morte di
cui si era reso responsabile san Cirillo, ritenuto il diretto autore
dellassassinio (*).
Ipazia,
dopo aver studiato le matematiche sotto suo padre Teone (geometra e filosofo S.) di Alessandria; moglie del filosofo Isidoro (S.), si recava ad Atene per seguire i
corsi dei pi celebri insegnanti.
Tornata
ad Alessandria era stata invitata a insegnare filosofia. Lei era eclettica ma le scienze esatte erano la
base di tutte le sue istruzioni e applicava le dimostrazioni dei principi delle
scienze speculative. Cos applic per prima un metodo rigoroso nellinsegnamento
della filosofia. Aveva scritto un libro contro lastronomo Diofante: Le regole e
canoni sul trattato dei coni ( o sezioni conische) di Apollonio (di Perga) (S.).
I
Commentari che aveva scritto su Diofante lAstronomo e su Apollonio di Perga,
erano andati distrutti con lincendio della Biblioteca di Alessandria.
Nota
a tutti i cultori di lettere, prodigio di scienze e di bellezza; insegnava la
filosofia di Platone alla scuola di Alessandria, frequentata dai pi stimati
personaggi tra i quali Oreste, governatore romano della citt. Aveva avuto come
discepolo Sinesio poi vescovo di
Tolemaide che, essendo cristiano, non aveva avuto difficolt a studiare
sotto una pagana ed essere vescovo di una religione alla quale non credeva e
aveva conservato finch visse, un suo ricordo riconoscente. La scuola
neoplatonica retta da Ipazia, insegnava delle dottrine non molto diverse dai
pi alti dogmi cristiani; Ipazia per professava esteriormente lantico culto
pagano.
Aveva
avuto come ammiratore e amico Oreste, prefetto dEgitto; Ipazia faceva ricorso
ai suoi consigli, nella difficile situazione in cui si trovava, in quanto
viveva in una aperta inimicizia con il vescovo (Cirillo), focoso prelato che
Roma aveva canonizzato, in quanto i servizi che aveva reso alla Chiesa avevano
coperto le manchevolezze (!) del suo
carattere irascibile. Ipazia approfittava dellinfluenza che aveva sul prefetto
per fare del bene agli sfortunati che imploravano la sua intercessione: ma lei
era pagana e lo zelo cristiano ebbe la sua influenza.
Indossava
il mantello dei filosofi; a scuola andavano ad ascoltare le sue interpretazioni
di Platone, Aristotele e altri filosofi e con il metodo dinsegnamento che seguiva,
aveva raggiunto con la temperanza e sobriet, il massimo della virt; essendo
di una eccellente bellezza, aveva un viso bello e perfetto, che uno degli
uditori era divenuto suo innamorato, e le aveva confessato la sua passione, ma
non aveva potuto gioire del suo amore (S.).
Sulla
fine di Ipazia vi sono due versioni non perfettamente combacianti; questa che
esponiamo di Suda (**). Cirillo, passando un giorno (dellanno 415) davanti
alla casa di Ipazia, aveva visto una gran pressa di uomini e cavalli che
stavano davanti alla porta; alcuni volevano entrare altri uscire, la maggior
parte volevano entrare e aveva chiesto il motivo di quel tumulto. Gli risposero che Ipazia la filosofa, doveva
esporre un'arringa. Cirillo, sentendosi colpito fino al cuore, decise di farla
morire, con una morte peggiore di tutte. Aveva assoldato i peggiori cattivi elementi (***), senzadio davanti agli occhi, n di
Nemesi che vegliava sui torti (e delitti) commessi dagli uomini, i quali le avevano teso un'imboscata e lavevano
fatta a pezzi e li avevano sparsi per la citt. L'imperatore ne era rimasto
colpito e aveva comandato che gli omicidi fossero presi e puniti, ma Aedesio,
corrotto dal danaro, rimise la pena a quei malfattori.
(*)
Secondo Schoell (Histoire de la
litterature grecque prophane, Paris 1823) Cirillo geloso del prodigioso
concorso di studenti alla cattedra di Ipazia, aveva assoldato degli assassini
che la prelevarono mentre tornava dalle scuole e avevano eccitato i popolani
alessandrini (che di natura sono audaci e
sediziosi S.) e, portato Ipazia in una chiesa, dove spogliata dai suoi
abiti era stata fatta a pezzi; le sue membra ancora palpitanti furono
trascinate per le strade e finalmente date alle fiamme. Cos, in tutti i tempi,
commentava Schoell, gli uomini non conoscono il freno al loro furore, quando
sono eccitati dalle passioni.
**) Secret
et misteres des juifz (v. sotto).
***) Segur indica dei monaci.
*
* *
IL LIBRO IGNORATO
DELLO STORICO SUDA CHE AVEVA DESCRITTO NERONE DIVERSAMENTE DA COME CE STATO
TRAMANDATO.
S |
uda,
noto per aver scritto il Lexicon che, secondo l Enciclopedia Treccani: non solo un testo grammaticale ed
etimologico, ma di carattere generale in quanto contiene sia vocaboli con le
loro spiegazioni, sia articoli biografici, geografici, storici, scientifici,
letterari, riferentisi a usi, costumi, culti, ai pi diversi campi del sapere;
indicato come scritto intorno allanno 1000 (IX secolo).
Di Suda
(cos corretto in Treccani Suida, confermato anche nel testo di cui ci
accingiamo a parlare), abbiamo trovato il testo Secret et misteres des Iuifz (*), tradotto dal greco in francese
da Franois
le Feure (o Fevre), il quale fa menzione di tre personaggi illustri: Margarite de France, duchessa di Berry, a
cui dedicato il libro, sorella del regnante Francesco I, al quale dedicato
un sonetto; il terzo personaggio Carlo di Borbone (Montpensier), principe de
la Roche Sur-Yon, marchese di Beaupreau, (1515-1565), cattolico, che con suo
fratello maggiore Luigi III di Borbone-Montpensier, aveva combattuto contro
Carlo V, il quale aveva assunto le Feure al suo servizio.
In questo
testo, in riferimento al tratto biografico su Costantino V Copronimo (718-775,
v. in Art. I mille anni ecc.), Suda indicato come testimone degli avvenimenti di cui parla. Secondo questo testo, se
il libro non fosse apocrifo e se Suda
ne fosse il vero autore, come appare dal contenuto, la sua esistenza dovrebbe
essere retrocessa al VI secolo: ma non intendiamo andare oltre e lasciamo la
soluzione del rebus agli studiosi.
Ci
che interessa sottolineare che, come per il Lexicon, il testo riporta tante curiosit e notizie storiche e ai
segreti dei giudei del titolo dedicato un solo capitolo, mentre il resto del
libro contiene riferimenti alla Chiesa primitiva, agli imperatori
romani, vescovi e cristiani perseguitati e pagani persecutori, con i quali Suda,
come cristiano, non si mostra molto tenero; sono inoltre indicate sette
eretiche del cristianesimo, Sibille, medici e tante altre curiosit tra le
quali si trova il racconto di Ipazia, da cui abbiamo preso dei particolari
aggiunti a quanto aveva riportato
Schoell.
Ci
che rende le storie di Suda interessanti, sono la loro assoluta originalit,
come quando in riferimento a Giuliano, che indica sempre come apostata,
riferisce che a Cirillo, che era stato diacono di Eliopoli durante il regno di
Costantino il Grande e aveva abbattuto molti idoli, lo aveva reso martire in
quanto gli aveva tagliato lo stomaco e
mangiato il suo fegato, particolare non riportato da nessun altro storico,
che per la verit, risulta poco credibile!
Ma,
parlando di Nerone, Suda. cristiano, contrariamente alle orribili descrizioni tramandateci
dalla storia, lo descrive in maniera completamente diversa, dicendo che: durante la giovinezza aveva frequentato i
filosofi ed era imbevuto delle dottrine di Cristo ed essendogli stato riferito
che questo Cristo era stato messo a morte e crocifisso, rimastone colpito,
aveva ordinato che Anna (Annas) e Caifa (i rabbini che lo avevano processato
nel Tempio), comparissero con Pilato, in
sua presenza in Senato.
Quando
costoro si presentarono, Nerone si inform di tutto ci che era stato fatto
alla persona di Ges Cristo. Anna e Caifa dissero, a loro difesa e
giustificazione, di averlo giudicato secondo la loro legge e non era stata commessa
alcuna irregolarit contro il diritto e la giustizia. Ci che aveva udito e
aveva mandato Nerone in collera era che il
magistrato e giudice (Pilato), avesse abusato del suo potere e fatto ci che a
lui era piaciuto, e Nerone aveva inviato Pilato in prigione, lasciando andare
Anna e Caifa.
In
questo tempo, prosegue Suda, era stato fatto dello scalpore su Simon Mago, che era
comparso con san Pietro e Pilato, portato dalla prigione; stando tutti e tre in
sua presenza, Nerone domand a Simon Mago: Sei tu Cristo? Egli fece cenno di
risposta di s. Poi interrog Pietro, lui Cristo? Al che egli rispose di no, aggiungendo,
perch in mia presenza salito nei
cieli. Allora Nerone rivolgendosi verso Pilato gli chiese chi dei due
fosse Cristo. In risposta Pilato disse
che non era n luno, n laltro, dicendo; quanto a Pietro che stato uno dei
suoi discepoli e mi fu portato e presentato come suo discepolo, aveva rinnegato
il suo maestro, dicendo di non conoscerlo affatto. Per questo lo avevo lasciato
andare. Quanto a questo Simone, non lo conosco affatto e non ha alcuna
comunanza e somiglianza con questo Cristo di cui stiamo parlando; atteso che (Simon Mago) egiziano, grosso e
a sufficienza, moresco e totalmente dissomigliante dallaltro quanto alla forma
e tratti del viso. L'imperatore, mostrandosi indignato con Simone come spergiuro e mentitore, avendo
mentito di essere Cristo ed anche con Pietro, che aveva rinnegato il suo
maestro, li fece cacciare e uscire dal Senato.
Quanto a Pilato lo fece decapitare per essere stato cos ardito da
condannare e mettere a morte un s grande personaggio, senza il suo assenso ed
espresso ordine imperiale.
Questo
capitolo riporta a margine unannotazione in cui lautore indica come fonti
Eusebio (di Cesarea, contemporaneo di Giuliano, autore di Chronicon. e Storia Ecclesiastica) ed Eutropio (Flavio, morto il
387, pagano, autore di Breviarum ab Urbe
condita); e riferisce che secondo costoro, Pilato
afflitto da molti malanni e calamit aveva finito per suicidarsi, mentre egli
afferma, come abbiamo detto, che Nerone lo avesse condannato alla decapitazione.
*)
Suida Secret et misteres des Iuifz, Paris. par Iaques Kerver, 1570,
(Biblioteca reale di Francia).
FINE